Come usciremo da questa terribile pandemia? «Non come prima, ma meglio di prima», ha risposto quasi provocatoriamente Carlin Petrini, il fondatore di Slowfood. Eppure, se ci pensiamo bene, anche dal nostro punto di vista, di cacciatori, pure in questa tragedia che ci sta sconvolgendo la vita ci potrebbero essere elementi di ottimismo. Proviamo a ragionare come questo nostro guru del cibo buono pulito e giusto, che non a caso partorì la sua idea che ha conquistato il mondo (Slowfood International, Terra Madre) prendendo lo spunto dall'armonia conviviale dei suoi amici cacciatori alla Sagra del Tordo di Montalcino (Siena).
Prima di tutto ricostituire il "senso di comunità, di una dimensione più umana, di solidarietà. Ognuno nel suo piccolo può fare comunità: nel vicinato, nel quartiere, nel paese». Giusto. E i nostri incontri, dei dopocaccia, le nostre cene non solo a fine stagione, gustando insieme il risultato sacrificale della nostra passione, sono un principio, una consuetudine che dovrà ripartire al più presto. Allargando sempre di più il cerchio ad amici e conoscenti. Le squadre dei cinghialai, spesso bistrattate, questo fanno da sempre. E' la loro forza. A livelli più discreti, stessa abitudine di lodolai, tordai, lepraioli, beccacciai, migratoristi in genere; e anche molti cacciatori blasonati, diciamolo, si riuniscono in tavolate per onorare i gustosi lombi di cervi, caprioli, daini, mufloni, camosci.
Un'economia di sussistenza, insomma, di quartiere, di bottega, di prossimità, magari supportata da internet, gestita da menti giovani, ricche di fantasia, di intuizioni rivoluzionarie. Superando, c'è da augurarselo, questo mercato globale del cibo, che stravolge economie, abitudini, tradizioni consolidate, e nasconde rischi e pericoli sociali e sanitari. «Non si può più pensare che il cibo lo produce uno solo per tutti. - dice Petrini - Abbiamo rubato spazio alla campagna, bisognerà riprenderselo per mettere in moto un’economia primaria al servizio delle comunità locali».
Ecco. La campagna va ripensata. Prima di tutto bisogna bloccare il consumo dei suoli. Ma contemporaneamente ripensare le pratiche agricole. Niente oscurantismo. La ricerca, l'innovazione ci saranno sempre più necessari, ma le pratiche industriali, gli abusi di prodotti chimici di sintesi, le campagne a monocoltura esasperata (niente siepi, niente alberi, lo sperpero di acqua) dovranno tornare ad essere il giusto ricovero della fauna selvatica tipica. I boschi non più abbandonati. La collina e la montagna rivitalizzate da vecchie pratiche millenarie, semmai rivisitate alla luce delle nuove conoscenze. E gente, gente nuova, giovane, a cui garantire un reddito. Si paventano centinaia di migliaia di nuovi disoccupati (dio non voglia!). Sarebbe comunque una logica opportunità per dare forma a quello strumento cosiddetto di politica attiva che è il tanto discusso reddito di cittadinanza.
I cacciatori sono in prima linea, l'abbiamo visto. Per disponibilità, umanità, voglia di fare. Lo dovranno essere anche domani, perchè questa battaglia non è finita. Anzi, è appena cominciata. La salvaguardia dell'ambiente è una necessità prioritaria. Come si diceva ai tempi dei referendum: senza ambiente non c'è selvaggina, senza selvaggina non c'è caccia. E' quindi e soprattutto anche nel nostro interesse. E nell'interesse di tutti.
Dai! Tutti insieme ce la faremo!
Maurizio Benotti