Anche in Francia si paventano ricorsi al referendum da parte di una serie di leghe animaliste, compresa quella capeggiata da Brigitte Bardot, che insieme a diversi obiettivi specifici (es.: divieto di allevamenti intensivi, o in batteria, o da pelliccia, divieto dell'uso di animali nei circhi, esperimenti sugli animali), è previsto anche il divieto della "chasse à courre", cioè la caccia a cavallo al cervo con mute di cani, la caccia alla volpe e altre cacce cosiddette tradizionali. Pratica che il mondo della caccia d'Oltralpe considera come parte significativa della propria cultura venatoria.
Soprattutto per questo - c'è da presumere - la Federazione francese dei cacciatori ha dato inizio a una campagna di sensibilizzazione che metta mondo della politica e opinione pubblica in condizioni di capire il valore della caccia per la società e per l'economia del paese.
La Federazione nazionale dei cacciatori, l'associazione più diffusa in Francia, al terzo posto fra le attività del tempo libero, rappresenta e difende a livello nazionale e dipartimentale più di cinque milioni di porto d'armi, un milione e centomila praticanti la caccia, una pratica millenaria che si distingue per il suo ruolo in favore della biodiversità, con cinquecentomila volontari. Coordina 13 Federazioni regionali, 94 federazioni dipartimentali, con una missione di servizio pubblico, sancita per legge, nella gestione della fauna selvatica e dei suoi habitat. Si articola in quasi 70.000 associazioni locali di cacciatori, mediamente un paio per comune, 250 dirigenti (presidenti e amministratori di strutture), 1500 dipendenti, per gestire più di 10milioni di ettari. Cioè l'organizzazione che più di qualsiasi altra si occupa direttamente del benessere della fauna selvatica e dell'ambiente. La sua esperienza nel campo della protezione della natura, le sue conoscenze nel settore (tecnico, legale, scientifico) e il suo know how le hanno fatto guadagnare nel 2011 l'approvazione a livello nazionale come associazione per la protezione dell'ambiente su istanza del Ministro dell'Ecologia e dello sviluppo sostenibile. Fa parte per questo di organi consultivi riconosciuti dalle autorità pubbliche. Dal 2013 gode dell'autorizzazione dello stesso ministero a partecipare al dibattito sull'ambiente, che si svolge nell'ambito degli organi consultivi nazionali, come il Consiglio Nazionale per la Transizione Ecologica.
Le 13 Federazioni Regionali di cacciatori riuniscono tutte le Federazioni Dipartimentali e Interdipartimentali di ogni regione e assicurano loro rappresentanza presso le autorità regionali. Difendono gli interessi della caccia e realizzano campagne d'informazione sulle pratiche venatorie a livello regionale, orientati verso una logica di progetto, con programmi a favore della biodiversità dei territori, tanto da ricevere l'approvazione del Ministero dell'Ecologia come associazione per la protezione ambientale, autorizzata a prendere parte al dibattito ambientale regionale.
"Siamo convinti - dichiara il suo presidente nazionale, Willy Schraen - che sia la nostra esperienza sul campo a fare la differenza e a renderci nelle condizioni migliori per aiutare le autorità locali a preservare la biodiversità". L'ancoraggio territoriale, che è il tratto distintivo della Federcaccia francese, in ogni dipartimento, fa si che sia naturale rendersi consapevoli delle problematiche ambientali e socio-economiche di un territorio. La lunga esperienza dei suoi dirigenti è oggi ampiamente riconosciuta. Non è raro che collaborino con le organizzazioni agricole e i dirigenti delle aree naturali.
Dal 2019 la nuova legge estende il ruolo delle Federazioni dipartimentali attraverso incarichi di gestione alle ACCA (le associazioni comunali di caccia, corrispettive dei nostri ATC), nella convinzione che siano l'organismo più vicino agli interessi dei territori, garantendo responsabilità, conoscenza, studio, protezione, osservazione, sicurezza e passione per la conservazione della natura. Collaborando anche con gli organismi scientifici nazionali (CNRS) grazie al lavoro dei 1500 dipendenti, fra cui agronomi, tecnici e ricercatori di provata esperienza, che raccolgono e analizzano dati preziosi sulle specie faunistiche, sulla loro evoluzione e sui vari habitat di un territorio.
Ecco. Questa è il messaggio alla società francese da parte della Federation Nationale des Chasseurs. Propone cose che non si deve esitare a dire che possono nè più nè meno essere reperibili anche nella caccia italiana. Con la differenza che in Francia sono ben identificate e riconosciute dalla legge, mentre da noi sono a volte misconosciute e altre volte anche ignorate da noi stessi, forse un po' troppo impegnati a seguire le strette vicende della caccia cacciata, piuttosto che dediti a qualificare la caccia nella società. Cosa chiederci dunque, fra un bisticcio e l'altro sui calendari, i ricorsi al TAR, i distinguo interassociativi?
Di sicuro un migliore coordinamento, un maggiore cointeressamento fra le diverse categorie, agricoltori, amministratori pubblici, università, mondo della produzione, con più decisa managerialità. E soprattutto, nel caso si volesse andare a modifiche di legge, come sembra, il riconoscimento ufficiale del ruolo della caccia, e delle centinaia di migliai di cacciatori attivi sul territorio, anche sotto il profilo della gestione ambientale. Si potrebbe partire dalle regioni, che nella loro autonomia - la butto là - potrebbero unificare le competenze di agricoltura, caccia e ambiente sotto un unico assessorato. Anche per evitare che la caccia passi a volte sotto l'agricoltura, a volte sotto l'ambiente, altre volte sotto lo sport e il turismo. E, diciamola fino in fondo, se vogliamo davvero provare a risolvere i problemi ambientali del nostro paese, vista la svolta green che ci verrà imposta dall'Europa, ambiente e agricoltura dovrebbero stare sotto un'unica cappella, anche a livello nazionale.
Massimo Martini