L'età, lo sanno tutti, a volte fa dei brutti scherzi. Il più comune, il più giustificato, è la perdita di memoria. A vari gradi. C'è chi, anzianotto, non ricorda quello che ha mangiato a pranzo, ma c'è anche chi invece nello stesso tempo ha ricordi dettagliatissimi del suo lontano passato. Non è il caso, a quanto sembra, del serafico Fulco Pratesi, che giorni fa sulla pagina ufficiale del WWF Italia, di cui è stato il presidente storico (oggi onorario), nel commemorare lo scomparso Principe Filippo Duca d'Edinburgo, si azzardava a dichiarare che l'illustre cacciatore era come lui un "cacciatore pentito".
Ma quando mai? Secondo la biografa della Royal House, Ingrid Seward, Filippo fu costretto a smettere di sparare dopo un intervento alle coronarie a cui fu sottoposto nel 2011, per paura che il contraccolpo delle fucilate gli potesse staccare lo stent che gli avevano applicato.
Personalmente non credo che sia stata una distrazione o una dimenticanza, ma una coerente conferma del fatto che il WWF Italia, proprio per la lunghissima militanza ai vertici del Pratesi (cacciatore pentito), deve nascondere il suo "peccato originale", cioè quello di essere stato fondato, in Italia come a livello internazionale, da cacciatori appassionati, preoccupati della brutta piega che stava prendendo il mondo e il nostro paese, che a rotta di collo stava precipitando in una industrializzazione selvaggia, con danni irreparabili per l'ambiente e le specie selvatiche. Fenomeno, purtroppo, che ancora non si è fermato, come dimostrano ogni anno i rapporti nazionali e internazionali. Segno che questa azione del WWF non ha portato grandi benefici. Facendo nascere il dubbio che anche il WWF - al di là della vulgata che sia stato fondato nel nostro paese da alcuni latifondisti per mettere al riparo le loro riserve dalle minacce dell'842 - sia la solita foglia di fico, per un sistema che non ha nessuna intenzione di rinunciare ai propri obiettivi. E la invereconda campagna anticaccia condotta spesso in prima persona dal Pratesi stesso può ragionevolmente confermare che in tutti questi anni si è puntato il dito contro l'anello più debole della catena, peraltro assolutamente incolpevole soprattutto in Italia, per distogliere l'attenzione da ben altri misfatti ambientali.
Tornando a Filippo e alla Royal Family, bastano le immagini e le cronache di questo ultimo mezzo secolo per dimostrare la mistificazione. La serie tv The Crown testimonia che anche quando morì la principessa Diana i reali con figlio e nipoti erano a Balmoral per una battuta di caccia al cervo. Passione che nessuno dei reali ha mai contestato, almeno fino a quando non è arrivata l'animalista americana Megan, che ha convinto il marito Harry, cacciatore a tutto tondo, ad appendere lo schioppo al chiodo. Cosa che non ha certamente dissuaso gli altri a frequentare boschi e brughiere. Kate e William sono stati immortalati a caccia anche lo scorso anno, accompagnati dal primogenito George, introdotto alla tradizione fin dal 2018, quando aveva sei anni.
Del resto che male c'è ad essere cacciatore e ambientalista? Per me, fra l'uno e l'altro non c'è alcuna differenza. Come non ce n'è stata per la stragrande maggioranza di noi, a partire da quei grandi personaggi, cacciatori, che per primi si preoccuparono del benessere dell'ambiente. Dico dell'ambiente perchè sapevano e noi tutti, cacciatori, sappiamo che se non c'è un ambiente adatto non c'è cristo che tenga: puoi proibire assolutamente qualsiasi attività venatoria, ma gli animali selvatici non ci torneranno.
Cose ovvie, per noi, ma che i movimenti ambientalisti italiani, ormai degenerati, chi più chi meno, fanno sempre più fatica a riconoscere, schiavi come sono di un "politicamente corretto", strumento nelle mani di chi per mero interesse di bottega ha reso gli animali poco più che un giocattolo.
Ranieri Del Vecchio