Ampio risalto ha dato la stampa internazionale alla caccia alle balene e ai delfini che si pratica nelle isole Faroe. I soliti ambientalisti da salotto (citazione del nostro Ministro per la Transizione Ecologica) in questo fine estate si sono per l'ennesima volta stracciate le vesti, senza ovviamente contestualizzare. Sarebbe bastato accedere alle informazioni in rete, che trattano l'argomento sotto il profilo storico, culturale, sociale ed economico, a mio parere molto obiettivamente, per evitare la solita figuraccia che danneggia anche il loro stesso movimento. Siamo in mano, ormai, a quattro sfaccendati che strimpellano sui social (una volta si chiamavano giornalisti) per creare un caso.
Non è importante richiamare i fatti, che del resto - obtorto collo - hanno obbligato il governo danese a prendere impegni per rivedere la legge (già rigorosa) che regola questi "prelievi". La vicenda può servire invece come paradigma per una realtà più vasta, quella delle cacce cosiddette tradizionali, allargata per quanto ci riguarda a gran parte delle forme di caccia tipiche nel nostro paese, che ormai attraversa nazioni e continenti. Certe piccole o grandi differenze, su cui ci accaloriamo nei nostri dibattiti anche online, non cambiano la questione principale: la caccia, anello più debole della catena, è ovunque sotto attacco da parte di chi ha ben più cospicui interessi da difendere, e lo fa con dovizia di mezzi e utilizzando strumentalmente le ingenue folle di beoti, che danno voce a un animalismo dei più biechi.
Il mondo va così, è sempre andato così, ce lo ricordava già il Manzoni, col "dagli all'untore" della Colonna Infame: una "donnicciola" del popolo che porta a far condannare a morte due innocenti, con l'accusa di diffondere la peste. Una sorta di caccia alle streghe, reiterata nel tempo, che ha portato al rogo o al patibolo infinite schiere di malcapitati. Oggi, cittadini del cosiddetto villaggio globale, si fa presto ad appiccare un incendio mediatico che sconvolgerà l'esistenza di intere categorie. Per la caccia, aldilà delle diverse culture e delle diverse regole di ogni paese, l'attacco è concentrico e nello stesso tempo diffuso in ogni angolo del pianeta. Dobbiamo prenderne atto se vogliamo che questa nostra passione possa avere un futuro degno di essere vissuto. E dal dire al fare il divario è enorme visto le ingenti risorse di uomini e capitali di cui i nostri avversari dispongono. Basta rendersi conto della provenienza di certi sostegni (contributi, donazioni, assegnazione di fondi pubblici) per capire quali sono gli obiettivi. Difficile competere in campo aperto. Il nostro è un esercito composto in gran parte di reduci, con dirigenti che si attardano sul quotidiano, facendo fatica a percepire il mondo che verrà, ma anche - impegnati come sono in guerre intestine - a immaginare la provenienza delle stesse minacce a questa nostra meravigliosa passione.
Abbiamo fortunatamente anche dei giovani, e il gentil sesso segnala un discreto approccio in termini numerici, ma soprattutto per le idee diverse con cui ci dovremo presto confrontare. Saranno loro, i giovani, le donne, che dovranno prima possibile prendere il testimone e rilanciare la nostra immagine, evidenziare gli sconquassi veri di questa deriva ideologica che con la scusa di salvaguardare l'ambiente e la fauna selvatica non fanno altro che peggiorare la situazione.
L'avrete sicuramente capito, ma questo mio sfogo non è altro che un invito a favorire questo processo di cambiamento: non più asserragliati nel bunker, in difesa del passato, ma allo scoperto per denunciare le tante malefatte che si consumano all'ombra della bandiera dell'ambientalismo.
Dice: ma i giovani, e tantomeno le donne, non hanno esperienza. Francamente la ritengo una scusa. Ma se anche fosse, se non li mettiamo alla prova non se la faranno mai, questa esperienza. Mancano di una sensibilità adeguata? Di preparazione? Può essere. Ma allora facciamo in modo di fargliela acquisire. Ma alla svelta, mi raccomando! Le donnicciole (ambientalisti-animalisti della peggiore risma) stanno lì tutto il giorno a rimproverarci colpe che invece a mio parere sono meriti.
Leandro Verrini