Non piace affatto al PNALM (Parco Nazionale Abruzzo Lazio Molise) la decisione della regione Abruzzo di aprire la caccia al cinghiale dal 7 ottobre, come avvenuto lo scorso anno. Il parco aveva infatti richiesto di posticipare l'apertura al primo novembre per ridurre il disturbo all'orso marsicano nel periodo che anticipa il letargo. La logica seguita dalla Regione è quella contenuta negli accordi del Patom (progetto a difesa dell'orso marsicano), dove si afferma che “il potenziale impatto delle attività venatorie dirette sull'orso è limitato ad una pratica venatoria: la caccia al cinghiale in braccata”.
Mentre si cerca di colpevolizzare al solito i cacciatori e il loro impatto sull'habitat dell'orso, le politiche protezioniste del Parco nei confronti dell'orso marsicano sono più volte entrate nella cronaca nazionale a causa delle tantissime risorse economiche spese e i pochi risultati raggiunti. Il quotidiano dell'Abruzzo ha dato voce in questi giorni a Pietro Bove, cacciatore, che chiede “come si fa ad erogare ulteriori 4 milioni di euro per il progetto life arctos, dopo che per 90 anni il Parco Nazionale (e non solo) ne ha spesi già tanti? Centinaia di milioni di euro spesi per contare gli orsi (purtroppo quei pochi rimasti) non Le sembrano un po' troppi?", dice rivolgendosi al diretore del quotidiano -.
La caccia si è sempre praticata eppure fino una decina di anni fa gli orsi erano in aumento. Secondo alcuni – ed è l'opinione anche del cacciatore che ha scritto al quotidiano abruzzese – la colpa è di chi dice di proteggerli ma poi in concreto fa poco o nulla. I pochi agricoltori rimasti, purtroppo, devono fare i conti anche con i cinghiali e con i danni che causano alle loro attività. Il Parco come pensa di risolvere queste situazioni?