Dopo i continui allarmi per i danni all'agricoltura del luogo e le gravi conseguenze sugli equilibri biologici, ancora nulla si è mosso per ridurre la popolazione dei cervi del Cansiglio, foresta demaniale veneta (tra le province di Belluno, Pordenone e Treviso) inserita nel circuito Natura 2000 (Zps e Sic) in cui è stata esclusa la caccia. Nemmeno il piano di contenimento, deciso già nel 2010, è mai partito, nonostante il diretto intervento della Regione Veneto, che lo scorso anno ha provato a far finalmente partire gli abbattimenti, per sanare quella che era stata definita come una situazione limite, caratterizzata da un numero spropositato di cervi, triplicato negli ultimi 10 anni, a fronte di un piccolo territorio a disposizione. Una situazione insostenibile soprattutto per la salvaguardia di altre specie sia animali che vegetali, visto che i cervi, perennemente alla ricerca di cibo, stanno divorando tutte le nuove piante nate, e causando un graduale impoverimento del bosco.
A fermare il Piano di abbattimento sono stati gli ambientalisti, capitanati da Zanoni, che hanno martellato l'opinione pubblica prospettando un fantomatico tentativo di portare la caccia all'interno dell'area protetta. Evidentemente l'attenzione della stampa ha fatto il resto, e quindi un anno fa la Regione, ancora una volta, è tornata sui propri passi. Il problema, ignorato per qualche mese, si ripropone di nuovo a primavera, con il nuovo ciclo riproduttivo e l'incremento degli esemplari. A chiedere nuovamente l'avvio di misure di contenimento, sono oggi, tra gli altri, tutti i sindaci dell'area protetta, che qualche settimana fa, durante un incontro con l'assessorato regionale Aree protette, hanno ottenuto la promessa di un tavolo tecnico su diverse tematiche, tra cui anche la soluzione per l'eccessiva presenza di cervi che penalizza, tra gli altri, anche gli allevatori. I sindaci chiedono che venga attuato il piano di abbattimento previsto dalla Commissione tecnica e fanno sapere che non accetteranno compromessi come la posa di recinzioni anticervo, "soluzioni inaccettabili che spostano solo il problema fuori dalla foresta, senza risolverlo".
In attesa degli esiti di quel tavolo, intanto la Regione approva una proposta di legge nella quale si propone la possibilità di intervento anche nelle aree protette. Questo il quadro, ancora molto incerto, della situazione. Ma, al solito i cacciatori (che sarebbero, secondo la nuova legge, coinvolti nella gestione straordinaria) sono, loro malgrado, protagonisti di un nuovo attacco. Su alcuni quotidiani veneti le associazioni ecologiste Mountain Wilderness, Ecoistituto del Veneto e Movimento dei consumatori, li accusano non solo di voler a tutti i costi sparare nell'area protetta, ma anche di essere i responsabili dell'eccessiva proliferazione dei cervi, per non averli contenuti al di fuori dell'area protetta.
“Sino a trent’anni fa – sostengono gli ecologisti – i cervi in Cansiglio erano qualche decina. Poi, durante il periodo di sofferenza del bosco per l’attacco della mosca defogliatrice, “Cephalcia”, molti alberi debilitati sono caduti sulla rete del recinto di 70 ettari, fra Pian Cansiglio e Valmenera, permettendo a decine di cervi e daini di scappare. Da allora – continua la nota ecologista – i cervi, animali adatti all’ambiente alpino, hanno cominciato ad aumentare, mentre i daini, ungulati da boschi di pianura, sono stati periodicamente decimati dagli inverni più freddi e nevosi”. “La soluzione era semplice – si legge sul Messaggero del Veneto - bisognava aumentare il numero di animali cacciabili fuori dalla foresta, nelle riserve di caccia, come hanno sempre sostenuto gli ecologisti e il presidente della Lega abolizione caccia del Veneto”. Ma come, si contesta colpo su colpo la caccia, perchè sarebbe inutile e addirittura dannosa, e poi si accusano i cacciatori di non aver cacciato abbastanza? Qualcuno forse ha paura di perdere il dominio sul proprio orticello?