E' stata pubblicata solo in questi giorni (18 gennaio) la sentenza emessa dal Tar del Piemonte sul ricorso di Lac e Pro Natura contro il calendario venatorio regionale 2013 - 2014. Il provvedimento, che risale al 27 novembre 2013, non è proprio una vittoria per la Regione e le associazioni venatorie che sono intervenute, visto che il calendario era già stato martoriato a causa di un pronunciamento del Tar a inizio stagione, ma un parziale riconoscimento della infondatezza delle ragioni dei ricorrenti, soprattutto sulla ostinazione dimostrata dopo le modifiche della Regione. Il Tar infatti ha dichiarato “il ricorso originario improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse” e rigettato i motivi aggiunti, che le associazioni anticaccia avevano presentato dopo le modifiche al calendario di settembre 2013.
Superate le criticità che avevano portato il collegio a sospendere l'originale calendario venatorio (la Regione si è infatti dotata del mancante Piano faunistico venatorio e modificato alcune date di prelievo ottenendo parere positivo dall'Ispra, cadono quindi anche tutte le accuse degli anticaccia. “La Giunta Regionale – si legge nella sentenza del Tar - ha, in verità, dimostrato, nelle delibere assunte nel settembre 2013, a seguito dell’adozione da parte del Tribunale della prima ordinanza cautelare, da un lato di aver recepito in pieno le indicazioni dell’ISPRA, ottenendo da tale Istituto “parere favorevole all’adozione del calendario venatorio previsto” - con un giudizio che appare riguardare, secondo le competenze proprie dell’Istituto, il documento nel suo complesso e non solo l’aspetto delle date di apertura e chiusura della stagione venatoria - dall’altro, di aver approvato la Proposta del Piano Faunistico Regionale (alcune delle cui prescrizioni sono già state recepite nel calendario) e di aver, soprattutto, adottato il nuovo calendario sulla base di dati aggiornati sulla fauna selvatica regionale raccolti dall’Osservatorio faunistico regionale e di una valutazione di incidenza svolta sito per sito in modo tale da eliminare “in radice ogni pericolo di danno che possa derivare dall’esercizio venatorio nelle zone protette”.
"Tale complessa attività di monitoraggio - continua il Tar - , congiuntamente al controllo dell’ISPRA ed alla richiesta di osservazioni alle Province (per aggiornare gli elementi tratti dai piani faunistico venatori provinciali, alcuni dei quali piuttosto risalenti e, almeno formalmente, scaduti) vale a costituire il “contesto programmatorio necessario e sufficiente a legittimare l’attività venatoria così sanando l’eventuale mancanza di una rete differenziata di piani e programmi per la gestione faunistico venatoria ed ambientale sul territorio”(cfr. TAR Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 21.06.2013 n. 606)".
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