Riceviamo e pubblichiamo:
Semplificazione delle norme burocratiche e risposte tecniche sviluppate sulla realtà italiana le linee su cui sviluppare la lotta alla Peste Suina Africana
Una carcassa di cinghiale infetto rinvenuta a Cardeto, in provincia di Reggio Calabria, due nuovi casi registrati su due carcasse di cinghiali al parco dell'Insugherata e a Casal del Marmo a Roma. Sono gli ultimi casi in ordine di tempo che dimostrano che sul tema PSA l’attenzione va tenuta sempre alta. A farlo, in prima linea anche e soprattutto nell’affrontarne le conseguenze, siamo noi cacciatori e gli agricoltori.
Federcaccia, ma anche il resto delle associazioni venatorie e del mondo venatorio organizzato, con in testa per ovvie ragioni le squadre di caccia al cinghiale dei territori colpiti, soprattutto Liguria e Piemonte, sono scese in campo sin dal primo manifestarsi dell’epidemia per mettere le proprie esperienza e capacità di intervento a disposizione dell’autorità per contenere e debellare la malattia.
Inutile nascondersi che non tutto è andato come sarebbe dovuto, anche perché senza far mai venire meno lo spirito di collaborazione e la disponibilità non abbiamo mai mancato di farlo notare. Stesso dicasi, forse con ancor più forza di noi, per le associazioni agricole, che vivono con la PSA un rischio potenzialmente disastroso per un comparto di eccellenza come quello agroalimentare.
Prendendo spunto dai due casi sopra ricordati, Coldiretti attraverso le parole del suo vice presidente nazionale e presidente regionale del Lazio David Granieri è intervenuta nuovamente per sollecitare la rigorosa applicazione dell’ordinanza del commissario straordinario per la peste suina per Parchi e Atc.
Ritardi e difficoltà sono la dimostrazione che la disponibilità e la buona volontà da sole non sono sufficienti quando – parliamo per noi cacciatori che nella lotta alla Psa rappresentiamo, letteralmente, il braccio armato delle Istituzioni – ci si trova ingabbiati nei lacci e lacciuoli di una burocrazia complicata e di modelli di intervento mutuati da realtà profondamente diverse sia per territorio che per organizzazione statale e sociale da quelle del nostro Paese.
In questo quadro articolato e complesso, dove a essere danneggiati sono imprese e cittadini, i cacciatori sono in prima linea attraverso i loro organi territoriali, ovvero gli Atc, ma questi possono agire – e lo fanno – solo laddove le amministrazioni a loro volta hanno lavorato per metterli in condizione di farlo.
Questo da mesi diciamo e cerchiamo di far comprendere alle Istituzioni. I Ministri interessati e il nuovo Commissario sembrano aver colto la necessità di un adattamento delle linee guida europee e di una semplificazione della burocrazia relativa che consenta di procedere con gli interventi e la velocità necessarie.
Se così non succederà, il mondo venatorio dovrà continuare a stare a guardare, ma la colpa di questo immobilismo non sarà sua né dei suoi rappresentanti e Organi sul territorio.
Ufficio Stampa Federazione Italiana della Caccia
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