In riferimento alla proposta del Piano Faunistico Venatorio, la Cia Toscana in una nota evidenzia alcune criticità e miglioramenti, ricordando che deve essere attuato in maniera tempestiva, ed avere tra gli obiettivi prioritari quello di rispondere alle evidenti difficoltà di convivenza con la fauna selvatica.
Gli agricoltori chiedono tempi celeri e certi rispetto all’attività di controllo, oltre al rafforzamento dell’attività stessa soprattutto in considerazione del numero di cacciatori in forte calo, che, scrive Cia, in maniera sempre minore potrà contribuire a garantire il necessario equilibrio, attraverso l’ordinaria attività venatoria. Ma anche chiarezza dei termini e delle modalità con le quali vengono svolte le azioni; efficacia degli interventi nell’azione di difesa delle colture e nel ripristino degli equilibri dell’ecosistema.
Per quanto riguarda l’attività delle Atc – come evidenziato per la stesura del PFV – nello svolgimento del proprio ruolo, per Cia Toscana "devono mettere in correlazione in maniera funzionale gli aspetti prettamente venatori, con la presenza dell’attività agricola".
È assolutamente evidente, scrive l'organizzazione agricola, come gli animali risultino in sovrannumero e l’obiettivo della tutela delle attività agricola può essere raggiunto solo attraverso la messa in atto delle forme di caccia, di selezione, di prelievo, di contenimento e di abbattimento, che abbiano lo scopo di riportare la presenza della fauna selvatica, in particolare degli ungulati a densità massime “effettivamente” sostenibili, pertanto ben al di sotto dei 2,5 capi ogni 100 ettari. Per il raggiungimento di questo obiettivo, segnaliamo inoltre un’evidente criticità rappresentata dalla drastica diminuzione del numero dei cacciatori, e dall’innalzamento dell’età media degli stessi, che coniugata con un’assegnazione di zone di caccia molto ampie non consente – in particolar modo per la specie cinghiale – un adeguato controllo di tali territori.
In tema di valorizzazione della risorsa fauna e dalla filiera delle carni, pur condividendo la strategia complessiva, per la Cia, è necessario "rafforzare ed uniformare nei territori il sistema dei centri di sosta e di lavorazione, in modo che possa essere garantito non solo il monitoraggio e la tracciabilità dei capi cacciati, ma anche il rafforzamento degli elementi di controllo rispetto alla trasmissione di patologie che possono avere ripercussioni importanti – in primo luogo – verso il sistema allevatoriale".
Sulle ZRC, per la Cia "già dalla lettura del piano emerge la scarsa efficacia delle stesse rispetto agli obiettivi previsti, considerando inoltre che in tali aree si concentrano spesso numerosi ungulati e che l’attivazione dell’art. 37 è difficoltosa, riteniamo che oltre a tutelare le realtà che hanno raggiunti buoni risultati, l’iniziativa delle ATC, non solo debba essere valutata in maniera puntuale attraverso un monitoraggio continuo ed efficace, ma devono essere intraprese in maniera tempestiva le azioni necessarie alla revoca dell’autorizzazione e/o alla trasformazione. I tre anni di riferimento per la valutazione non devono essere vincolati all’adozione del nuovo piano, ma ai risultati dell’attività già svolta".
Serve un monitoraggio continuo, conclude la Cia Toscana, anche per la situazione dei predatori.
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