I possessori di cani e gatti, spesso e volentieri sono anche animalisti. E questi, essendo talvolta anche vegani o vegetariani, prima o poi si pongono il problema: “come alimentare il mio amato animale domestico senza sentirmi responsabile dell'uccisione di altri animali innocenti?”. In effetti non si può non considerare che, a causa del crescente business del settore legato alla cura degli animali da compagnia, le industrie specializzate abbiano aumentato i loro affari, e quindi, la richiesta di polli, agnelli e vitelli da tritare e vendere sotto forma di crocchette e scatolette.
La risposta a questo dilemma esistenziale, invece di concretizzarsi in un'accettazione della natura, dovuta magari alla semplice osservazione della biologia del proprio animale (che possiede canini, artigli, stomaco e intestino specializzati nella digestione delle proteine animali), sempre più spesso è un'egoistica soluzione “veganpet”. A parlare di questa nuova moda è, in questi giorni, il quotidiano La Stampa. L'articolo fa notare che se per i cani il sacrificio è teoricamente quasi accettabile, visto che mangiano già anche carboidrati e verdure, per i gatti, è pressochè una tortura, visto che hanno un bisogno vitale di nutrirsi di sola carne, a causa del loro intestino corto. Ma c'è chi ha già pensato alla soluzione: produrre sinteticamente la taurina, sostanza indispensabile al metabolismo felino.
Resta però un fatto, che non è certo sindacabile. L'animalista non sarà mai il gatto, ma il padrone. Non appena lasciato libero di scorrazzare in giardino, di certo non si farà problemi morali ad uccidere il primo passerotto caduto dal nido o una bella lucertola stesa al sole. Si tratta di istinto e di natura. Come conviene Gianluca Nicoletti sulla Stampa: “viene da pensare un vecchio cartoon in cui Gatto Silvestro, in cui si fa convincere a partecipare a un gruppo di auto aiuto per mici che vogliono farsi passare il vizio di inghiottire canarini. Sembra quasi riuscirci, ma a un certo punto capisce che se non continua a dare la caccia a Titti per lui avrebbe ben poco senso essere gatto, ma forse non è perché è cattivo, ma solo perché l' hanno sempre disegnato così”. Insomma, ha senso mettersi contro madre natura?
Al di là di questa pseudo moda, che probabilmente rimarrà uno sfizio per pochi radicali estremi, il problema di coerenza rimane. La maggior parte di chi si professa difensore degli animali, poi – e sono i numeri delle scatolette in vendita a confermarlo – non si fa problemi a dare in pasto al proprio cane o gatto altri animali innocenti. Guidato dalle offerte degli scaffali e delle pubblicità, che talvolta spingono proprio sul tasto del rispetto verso gli animali. Tra i vari marchi c'è anche addirittura chi promuove campagne contro la sperimentazione animale o raccoglie soldi da dare alle associazioni animaliste, le quali accettano di buon grado. Uccidere agnelli e vitellini per amore del profitto pare sia lecito. A condizione che serva a nutrire altri animali. Il problema si pone quando i consumatori sono umani. E le tante campagne degli animalisti contro l'agnello pasquale lo dimostrano.