Il problema del randagismo, soprattutto al sud Italia, non è certo una novità. I motivi che hanno determinato questa situazione sono molti e tutti rapportabili ad una gestione sbagliata, le cui colpe sono spalmabili su vari livelli. Nel botta e risposta tra istituzioni locali e governative di questi giorni in merito alle tragedie siciliane, il barile è stato scaricato da una parte all'altra. Fatto sta che nessuno ha fatto nulla in tempo e qualcuno ci ha rimesso la pelle, mentre molti altri rischiano di rimettercela nei prossimi mesi.
Il sottosegretario alla Salute Francesca Martini, supportato dalla valanga di polemiche animaliste che hanno fatto leva sulle umane coscienze invocando la pietà per tutti i cani in virtù del fatto, inconfutabile, che all'origine di tutto c'è la piaga dell'abbandono, ha preso posizioni al di fuori della realtà, tanto da indurre addirittura il Codacons, a chiedere le sue dimissioni.
La strenua difesa della cattura degli animali come risoluzione dell'emergenza da parte della Martini, infatti, non ha fatto altro che creare un'incredibile confusione in quei momenti cruciali in cui chi si è trovato di fronte a quei cani furiosi e assassini, è stato incaricato in poche ore, prima di abbatterli, poi di catturarli con l'uso di anestetico (opzione per cui si può facilmente immaginare le forze di polizia non sono preparate), poi di nuovo di abbatterli. Assurdi rimbalzi che non hanno fatto altro che peggiorare una situazione che si sarebbe dovuta risolvere nel modo più rapido e sensato possibile: l'abbattimento.
Una soluzione che deve essere presa in seria considerazione per la prevenzione di queste situazioni e che dovrebbe essere contemplata da regolamenti statali, regionali e comunali di tutto il Paese.
Certo, per la Sicilia c'è da chiedersi dove sono finiti quegli ingenti finanziamenti statali (3 milioni di euro negli ultimi anni) che in virtù della legge sul randagismo, sono stati assegnati alla Regione per la prevenzione e la risoluzione del problema. Secondo la Martini le responsabilità sono anche dei comuni che non hanno fatto progetti in questo senso e richiesto i relativi finanziamenti alla Regione. Eppure dati alla mano, sempre per quanto riguarda la Sicilia, fondi per un milione di euro nel 2008 sono stati stanziati dalla Regione tramite progetti approvati dai comuni, alle associazioni animaliste e agli enti locali per il risanamento di alcuni rifugi e per il piano di sterilizzazione dei randagi.
Un enorme dispendio di risorse pubbliche che a quanto pare non è servito ad arginare il problema, vuoi per lo sperpero dei soldi – non dimentichiamo che il branco di randagi di Modica era affidato alla custodia di una persona, poi arrestata e ora ai domiciliari, ma che ha ricevuto parte di quei fondi per il mantenimento dei cani, vuoi per l'entità ormai fuori controllo della situazione.
Allo stesso tempo però proprio in Sicilia, ad ottobre scorso, è stato approvato un disegno di legge per la cattura e l'abbattimento nelle aree protette dietro specifici piani predisposti dai gestori, per le specie dannose e in soprannumero, piano che include anche le cosiddette specie domestiche inselvatichite, ossia cani e gatti abbandonati. Per gli abbattimenti la legge prevede il contributo dei cacciatori, previa frequentazione di appositi corsi.
A questo proposito occorre ribadire un concetto fondamentale: nessun uomo, degno di questa accezione, è, e potrà mai essere felice di sparare ad un cane, men che meno un cacciatore che con il cane instaura un rapporto profondo di collaborazione e reciproca fiducia. Se è costretto a farlo, lo fa con un grande senso di responsabilità civile, di cui altri – leggi animalisti - non sanno o non vogliono farsi carico.
La tragica vicenda del litorale di Modica e non solo, deve insegnarci a cambiare rotta, prima che risucceda di nuovo. In virtù soprattutto del fatto che quello che è accaduto, con la crisi economica appena cominciata, potrebbe essere un piccolo assaggio di quello che potrà succedere in futuro, quando molti che putroppo si troveranno in condizioni economiche peggiori, non esiteranno ad abbandonare delle bocche in più da sfamare.