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Randagismo nel Parco D'Abruzzo. AIW: fare chiarezza


lunedì 17 gennaio 2011
    
 A commento di una relazione sul randagismo nell'area del Parco Nazionale d'Abruzzo, redatta dai tecnici dell'Ente Parco in seguito all'episodio di aggressione ad alcuni orsi, Franco Zunino, Segretario Generale dell'Associazione Italiana per la Wilderness, fa notare la posizione “politica” dell'Ente nel punto in cui tende a negare l'incremento dei predatori selvatici.
 
La relazione parla infatti di “un incremento esponenziale delle somme erogate” agli allevatori, che non sarebbe stata accompagnata “né da incremento della consistenza numerica dei predatori selvatici (lupo essenzialmente), né da un aumento dei domestici nella composizione della dieta dei predatori, come risulta dall’analisi degli escrementi del lupo, dalla quale risulta che i domestici compaiono con percentuali relativamente basse”.

“Non è negando certe realtà per comodo e difesa “di principio” della fauna predatoria del Parco che si difende questa fauna”, scrive Zunino che ritiene necessario valutare la questione al di sopra delle parti.  “E’ difatti notorio a tutti quanti si occupano di fauna selvatica – scrive Zunino - che almeno la presenza del Lupo sia stata in continuo aumento, tanto che lo stesso Ente Parco ha ancora lo scorso anno riportato di 60 lupi nell’area del Parco (contro la decina, sì e no) del 1970. Sessanta Lupi che, per chi è a conoscenza dell’impatto predatorio di questi animali, non è cosa da sottovalutarsi, e rende ben comprensibile l’aumento esponenziale dei danni agli armenti domestici, essendo essi, nonostante l’aumentata presenza di cervi e cinghiali, sempre e comunque il punto più debole della catena alimentare. E ciò non concorda, ed è anzi in antitesi, con i risultati della ricerca!”.

“Per i gestori di un Parco Nazionale – fa notare Zunino -  dovrebbe sempre valere il principio che non è risparmiando sui rimborsi che si salvano orso, lupi ed altri predatori, ma pagando sempre e comunque i danni segnalati, che siano essi stati arrecati da orsi e lupi o da cani; perché questi rimborsi, ancorché “gonfiati” in taluni casi, devono essere visti come contribuzioni a favore di un’attività fondamentale per la sopravvivenza dei predatori e per il mantenimento della biodiversità dei pascoli e delle foreste del Parco. Pretendere che siano essi (gli allevatori ed i pastori) a “pagare” di fatto per questi mantenimenti non sarebbe solo scorretto, sarebbe anche antidemocratico ed illiberale”.

 

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