Suona come una onesta autocritica il bell'intervento di Michele Serra su Repubblica, nella sua rubrica l'Amaca. Il tema è quello del rapporto con gli animali, viziato da una lontananza concreta delle persone dalla natura, che comporta una visione bambinesca e sdolcinata, completamente distante dalla realtà. Una visione che forse, prima di dedicarcisi in maniera più approfondita, era anche la sua, visto che anni fa anche lui scriveva contro la caccia in toni abbastanza “animalisti”. Oggi Serra ha mutato radicalmente le sue opinioni, ecco come le ha condensate in una critica spietata al moderno “amante degli animali”:
“Per capire quanto ci siamo allontanati dalla natura, prima urbanizzandoci troppo e poi (peggio ancora) sprofondando nei video e nei palmari – dice Serra -, basta sentire o leggere come parliamo degli animali. Non ne sappiamo più nulla, li abbiamo relegati in quei mostruosi carnifici che sono gli allevamenti intensivi oppure (ed è il rovescio della medaglia) in un limbo sdolcinatoe bambineggiante che non li accoppa, però li snatura. Non c'è cervo o capriolo che sui media non diventi "Bambi", ma si tratta di specie affatto diverse, e Bambi, per la cronaca, era un daino. Cani e gatti normalmente dediti alla loro canità e gattità diventano "eroici" o "geniali", nelle cronache animaloidi che dilagano ovunque, per un malinteso del nostro sguardo, che niente sa di etologia e dunque si inventa gesta inverosimili e storielle lacrimevoli perché incapace di vedere l'animale come un non-uomo, cioè come quello che è. Perfino i documentari naturalistici tendono pericolosamente verso lo show, e normali carnivori diventano "killer spietati" per eccitare il vasto pubblico. Che la bestia sia bestia, nella miracolosa varietà biologica del mondo, è un principio che andrebbe rispettato, si sia o non si sia vegetariani (la natura, per la cronaca, non lo è). Smettiamola di parlare delle bestie come si parla dei peluche. Le offendiamo”.
Sempre sul quotidiano risponde Andrea Calzolari, un giovane veterinario che si occupa di nutrizione animale. Seppur d'accordo su ciò che ha scritto Serra, ha da obbiettare su quei “carnifici”. “Vorrei invitarvi - dice - a visitare una delle aziende agricole che producono latte per i formaggi Dop italiani, oppure a toccare con mano un gregge al pascolo in Abruzzo o Sardegna. L' Italia è fatta soprattutto di allevamenti estensivi, che lasciano spazio agli animali perché ogni allevatore che si rispetti sa che se lascia tempo e spazio agli animali, questi non si ammaleranno e cresceranno liberi e felici. E nel caso si ammalino, verranno curati da chi li accudisce. Questa è la normalità pura e semplice. Quelli che maltrattano gli animali, quelli che ne mettono due dove ce ne sta uno solo, sono allevatori che in passato guadagnavano comunque, ora sono falliti come allevatori, ma soprattutto come persone”. Ancora molto c'è da fare. Se prendiamo atto con soddisfazione delle posizioni più oggettive di un grande giornalista, dall'altra dobbiamo anche incassare la confusione che regna sovrana nel nostro Paese, dove per esempio la massima istituzione statale con competenze su animali, foreste e ambiente, firma un accordo con un'associazione animalista. Se da noi c'è questa visione deviata sugli animali, è ovvio che una buona parte di responsabilità ce l'hanno proprio questo tipo di organizzazioni, che cercano di diffondere (e spesso ci riescono) un modello culturale che non rispetta realmente la natura e i suoi equilibri, ma cerca di adattarla alle proprie esigenze, umanizzandola. |