Il Parco dei Nebrodi, che in Sicilia è il primo per estensione, è al tracollo finanziario. Commissariato e privo di una guida, (manca da molto tempo un vero presidente e proprio per questo è slittata anche l'elezione del vicepresidente), ultimamente il parco ha chiesto un'audizione al governatore Crocetta per affrontare i propri problemi economici: mancano i soldi perfino per pagare gli stipendi del personale. A fronte di un fabbisogno finanziario di 5 milioni di euro, la Regione ha corrisposto al Parco poco meno della metà, il che ha comportato il pressochè totale immobilismo di tutte le funzioni dell'area protetta.
Si attende anche l'elezione da parte di Crocetta di un nuovo presidente. In questi giorni è circolato il nome di Giuseppe Antoci, manager di Banca Sviluppo, un uomo d'affari quindi per sistemare i conti del Parco e rilanciare la sua attività, come fosse una grande azienda e non un ente pubblico.
Purtroppo la crisi economica del Parco ha conseguenze anche sulla tutela ambientale e sulle attività economiche. Negli ultimi tempi il Nebrodi ha ricevuto le attenzioni delle cronache locali quasi ed esclusivamente solo in merito alle situazioni limite prodotte dall'eccesso di fauna selvatica che in esso prolifica. Evidentemente non ci sono soldi per programmi di gestione e per le catture, così cinghiali e conigli causano danni incontrollabili. Il risultato è devastante per le aziende agricole che risiedono nel territorio dell'area protetta, che, devono comunque sottostare ai vincoli imposti dal Parco, senza potersi difendere dai danneggiamenti. Danni che escono anche dai confini del Parco e che stanno impoverendo la biodiversità di vaste zone della Sicilia.