I dati forniti da BirdLife al convegno di Parigi della scorsa settimana dal titolo “Uccelli e cambiamenti climatici”, evidenziano come la consistenza della fauna che vive sulle Alpi italiane sia a rischio.
Specie tipiche del territorio alpino italiano come spioncello, sordone, fringuello alpino, codirosso spazzacamino, civetta nana e civetta capogrosso potrebbero subire una forte contrazione di areale nel corso dei prossimi decenni, compresa tra il 24% e il 97%. La percentuale dipenderà dal cambiamento climatico che si verificherà da qui al 2100.
Ma la minaccia potrebbe essere sensibilmente aggravata anche dall'impatto delle attività umane, dallo sfruttamento delle foreste e dalla realizzazione di nuovi impianti per lo sci, che, a causa dell’innalzamento delle temperature, contendono e strappano agli uccelli selvatici i loro territori di nidificazione, costituiti da praterie e altri ambienti d’alta quota.
Lo sfruttamento forestale, invece, può avere impatti negativi, in quanto può eliminare alberi utili alla nidificazione degli uccelli e semplificare la struttura dei boschi, rendendoli inadatti alle specie più esigenti. Tuttavia può presentare anche delle opportunità, mantenendo o creando piccoli spazi aperti utili alla biodiversità o limitando le specie invasive, attraverso tagli selettivi che possono favorire il mantenimento di condizioni idonee alle specie montane (adnkronos.com).