Imprenditrice, amante dei bambini, dei vecchietti e soprattutto degli animali. Determinata al punto di entrare nelle grazie del premier già dal 2001, che l'ha scelta quando era a capo degli esercenti, qualche anno dopo un cospicuo finanziamento a favore dell'idea “azienda Italia” lanciata da Berlusconi. Questo il quadro che esce dalla lunga intervista di Stefano Lorenzetto de Il Giornale al Ministro Brambilla.
Durante la chiacchierata con il giornalista svela gli inizi della carriera politica, quando donò 50 milioni (di lire) a Berlusconi per la sua Forza Italia, in occasione di una cena elettorale dell'imprenditoria lombarda, a cui partecipava come rappresentante delle aziende di famiglia ovvero, le Trafilerie Brambilla, fondate dal bisnonno, il gruppo-Sal e la Sotra Coast International. “Venivano dal mio conto corrente personale – spiega la Brambilla”. “Fece breccia nel portafoglio del Cavaliere”, la incalza il giornalista.
Poi, immancabile il lato animalista. Racconta dei suoi cani, dell'asino regalatole da Feltri, dopo averlo strappato dalle grinfie di comunisti affamati (pare fosse il piatto forte di una festa dell'unità nel pavese), dei 200 piccioni che lascia scorrazzare nel giardino, ma anche di gatti, cavalli, capre eccetera. Si descrive come paladina degli animali praticamente dalla nascita “da bambina pensavo che il Signore mi avesse messo al mondo per salvare tutti gli animali della Terra” dice (solo da bambina?), cresciuta come Mowgly del libro della giungla (il cane di casa le faceva fare i primi passettini), di quando rinunciò da bambina alle vacanze per stare vicino alla sua papera malata, a cui poi procurò un marito, finito spennato dalla vicina perchè da bimba animalista non volle tagliargli le ali, “ancora me lo sogno di notte” (il papero spennato), ricorda la ministra.
Non solo, la piccola Brambilla ha avuto, pare, anche un cucciolo di leone. “Ce la portammo a casa per non farla finire in un piccolo zoo” racconta. “Solo che – continua - non c’era verso di farla mangiare. Arrivammo a offrirle il filetto. Niente. Allora mia madre tornò preoccupata dall’allevatore. Quello trasse dal frigo una testa di mucca e la spaccò a metà con un colpo d’ascia: “Si fa così”, e la porse a Rumba (la leonessa ndr), che si mise a divorarla. Non avendo un simile coraggio, e neanche un freezer di quelle dimensioni, i miei preferirono affidare la cucciola a un parco faunistico”.
Il racconto prosegue con le prime lotte da attivista: “A 13 anni fondai una sezione della Lega antivivisezionista. Fermavo le donne in pelliccia e chiedevo loro se non si vergognassero a girare per strada vestite di cadaveri. Per anni sono andata di notte a soccorrere gli animali feriti o maltrattati. E le relative denunce penali erano tutte presentate col mio nome e cognome, non come associazione”.
Si fa un po' sfuggente quando il bravo giornalista le chiede “lei però è un’animalista sui generis. Nessuna pietà per i crostacei: commercia gamberi. E neanche per i salmonidi: li importa affumicati”. “Sal e Sotra Coast importano prodotti alimentari di vario genere – risponde - soprattutto piatti pronti, salse, specialità gastronomiche. In bilancio l’ittica rappresenta un’inezia, ma non è che posso rifiutarmi di commercializzarla, per lo stesso motivo per cui, se vendi la Coca-Cola, devi prenderti anche la Fanta. E comunque, scusi, non sono una talebana: il vegetarianismo è una scelta personale, che da liberale non posso imporre al mondo intero. Di sicuro io non mangio i miei amici”.