Con le dimissioni di Carol Browner, consulente della Casa Bianca per le politiche climatiche e l'energia, la gestione ambientale dell'amministrazione Obama subisce un altro contraccolpo.
Dopo la catastrofe marina dovuta allo scoppio della piattarforma petrolifera della British Petroleum nel Golfo del Messico e la risposta tutt'altro che soddisfacente da parte dell'amministrazione Obama, che non ha saputo reagire tempestivamente alla gravità della situazione, lo sforzo dichiarato in campagna elettorale nei confronti della questione ambientale, si presenta sempre più come un fallimento.
Tanto più che con ogni probabilità dietro all'addio della “zarina” dell'Ambiente, che aveva messo a punto un piano strategico industriale (mai approvato) per abbassare il livello delle emissioni nocive nell'atmosfera e risolvere così il ritardo degli USA nella lotta ai cambiamenti climatici, si legge la chiara intenzione di non procedere in tal senso, dovuta in primo luogo al progressivo indebolimento politico del leader dei Democratici, che deve fare i conti con un consenso elettorale sempre più sfuggente e venire a patti con i Repubblicani, più inclini agli umori della potente lobby del petrolio.
Il cambio di rotta potrebbe essere confermato dal fatto che la Casa Bianca ha già annunciato che il posto della Browner potrebbe restare vacante. Un segnale positivo c'è: Obama nell'annuale discorso davanti al congresso, pur riconoscendo la necessità di lavorare fianco a fianco con i Repubblicani, che hanno la maggioranza alla Camera, ha annunciato investimenti massicci nell'innovazione e nell'energia pulita ed ha parlato dell'ambizioso obiettivo di raggiungere il milione di auto elettriche entro il 2015.