Con l'approssimarsi della stagione di caccia, Don Giuseppe nei momenti di riposo, rileggeva qualche pagina di uno dei suoi libri preferiti: “Un castello del parmigiano attraverso i secoli” scritto dal notaio Francesco Luigi Campari, che parlava della loro terra e del loro grande fiume: “...Il cacciatore vi scova non poche lepri, preda soventi volte delle volpi, e, a tempo, fendono l'aria quaglie, tortore, pernici dal pennaggio brizzolato, beccacce che bezzicano il terreno a mo' di crivello, e altri volatili di passo; vedi sopraccapo grandi schiere di rapidi storni: suoli d'anitre stesi d'inverno sul Po. Il biancheggiante gabbiano brilla sull’ali attento, indi piomba e ghermisce il pesce: fra i canneti s' asconde il variopinto piombino, la passera cannaiola, la gallinella acquatica e l’astuta folaga: sul fiume odi ciurlotti, scorgi aironi, pivieri, pavoncelli ed altri uccelli ripuari, rapaci falchi e roteanti poane terror delle chiocce, notturni barbagianni e silenziosi fatappi…”.
Invecchiando Don Giuseppe aveva smesso di seguire la politica.
Finita l'epoca delle contrapposizioni ideologiche, era subentrato un teatrino del tutto repulsivo per quello che ne poteva capire.
Pertanto non sapeva che, nell'ormai mitico decreto “ mille proroghe”, il governo di turno di centro-centro, oltre alle grandi riforme come il pagamento del canone Rai in bolletta Enel, il matrimonio tra persone dello stesso genere, la lotta al degrado ambientale con multe pesantissime a chi buttava mozziconi di sigarette a terra, e la privazione di dignità di selvatico alla nutria, aveva inserito una norma che impediva agli ultra settantenni di poter praticare la caccia se non accompagnati da altro cacciatore con meno di cinquanta primavere.
Fu il maresciallo ad informarlo ufficialmente, togliendogli la prima reazione ad una notizia negativa, l'incredulità.
Riguardo alla seconda, Don Giuseppe in effetti si arrabbiò per un paio d'ore.
La fase della contrattazione non durò che un minuto, non poteva certo per ripicca smettere di battesimare, dire messa, confessare, ordinare matrimoni, celebrare ultime esequie ed altri sacramenti.
La quarta poi, saltata a piedi pari, figuriamoci un Don Giuseppe depresso..
Rimaneva solo l'accettazione e la ricerca della soluzione.
Qualche giorno dopo sul giornale locale, apparve un comunicato a pagamento:
Hai la licenza di caccia? Hai meno di 49 anni? Accompagneresti un ultra settantenne nell'esercizio venatorio? Se hai risposto sì a tutte le domande chiama il 392-6247*** per saperne di più.
Dopo un mese, avevano chiamato solo perditempo, animalisti per insultare e la polizia postale che voleva vederci chiaro.
Allora Don Giuseppe decise di parlarne con il Cristo dell'altar maggiore.
“Gesù vorrei chiederVi un consiglio”.
“Cosa c'è Don Giuseppe?”
“Ma forse, con tutto il rispetto, Voi non potrete essermi utile, perché non avete mai avuto la passione per la caccia".
“Però andavo a pesca e moltiplicavo i pesci all'occorrenza.”
“Vedete Signore, il fatto è che non mi vogliono più far cacciare, almeno da solo, perché mi considerano troppo vecchio.”
“E non lo sei?”
“Non lo so, ma se non potrò più andarmene in campagna con Full e la mia doppietta, mi ammalerò e forse ne morirò.”
“Dunque non ti resta che trovare un accompagnatore.”
In quel momento entrò la perpetua per pulire la chiesa. Quando la vide Don Giuseppe le lanciò un rapido sguardo di valutazione.
Disse a bassa voce: “Grazie Gesù.”
Poi alzando il tono e rivolgendosi alla fantesca chiese con voce suadente:
“Maria Rosa hai mai pensato di andare a caccia?”
Approfittando del fatto che il presidente della Federcaccia locale, non pretese che le marche da bollo, iscrisse la perpetua anche al corso di cacciatore di cinghiale in braccata e di selezione agli ungulati (cervo compreso).
Seguì anche personalmente le lezioni. Prima degli esami ragguagliò Maria Rosa sulle domande trabocchetto che usavano fare gli esaminatori, del tipo: a che ora si spara ai pipistrelli, la richiesta di caricare il fucile con uno straccio dentro la canna, o in che mese si poteva abbattere un capriolo maschio privo di palchi.
E Maria Rosa fu promossa.
Venne il giorno dell'Aperura. Maria Rosa, da mancina, alla sinistra di Don Giuseppe e Full in centro. La prima ferma del setter, dopo pochi metri nel campo di miglio, alzò una fagiana.
“A Lei reverendo!”
“Dopo di te Maria.”
La femmina si mise in salvo. Subito il maschio provò a fare lo stesso, ma i due ancora imbracciati, lasciarono partire quasi contemporaneamente il loro colpo di prima canna e per il gallinaceo non ci fu scampo.
Ancora oggi ci si interroga su chi fu a colpire per primo. Alcuni testimoni oculari affermarono che il collo piegò dalla parte di Don Giuseppe e dunque fu Rosa a colpire per prima. Don Giuseppe invece sosteneva il contrario.
A ogni buon conto, la giornata proseguì con l'abbattimento di una lepre di un metro da parte di Rosa e di un germano per Don Giuseppe.
Come l'apertura il resto della stagione andò bene, quasi sempre Don Giuseppe e Rosa poco o molto portavano a casa, fossero anche solo tordi o merli.
Persino le beccacce non si fecero mancare.
Con la neve la stagione finì.
Don Giuseppe era triste e per ricordare i bei momenti, pensò di regalare a Rosa un libro che lui amava: “Un castello del parmigiano attraverso i secoli” che nel frattempo (dal 1910 ad oggi) era salito di prezzo, 75 euro o 15 sigari toscani extra, per la sua unità di misura.
“Nel fiume pescoso guizzano i barbi, tinche, lucci voraci, argentei carpi, squisiti persici dalle pinne rosse, lubriche anguille e grossi storioni che talor, tormentati da piccole lamprede, risalgono il fiume, del peso qualche volta di centocinquanta e più chilogrammi ciascuno.”
Dopo averlo letto la perpetua chiese a Don Giuseppe:
“Reverendo non è mai andato a pesca?”
Mirco Piccinini
Tratto da RACCONTI DI CACCIA, PASSIONE E RICORDI
Raccolta di racconti in ordine di iscrizione al 3° concorso letterario “Caccia, Passione e Ricordi”
A cura di: Federcaccia Toscana – Sezione Provinciale di Firenze
[email protected] www.federcacciatoscana.it