"Dovremmo sapere come sono stati trattati gli animali che hanno prodotto il latte, cosa hanno mangiato, di quale razza sono, se è una razza del luogo in cui sono stati allevati o no, e dove sta questo luogo, insomma da dove viene il latte di quel formaggio, quali trattamenti ha subito, chi sono le persone che si sono incaricate della trasformazione del latte in formaggio, quale tipo di relazione hanno con quel lavoro, e via di questo passo". E' questa l'idea di Cinzia Scaffidi, autrice del volume e direttore del Centro Studi Slow Food.
"Ci vuole ben altro che un secco elenco di ingredienti senza specificazioni, senza storia. Quella che Slow Food chiama l’Etichetta Narrante non è dunque solo un elemento di comunicazione, di promozione (di cibi e territori) e di educazione alimentare. È uno strumento di democrazia, di realizzazione del bene per i molti. Non è un caso se ogni volta che la società civile chiede nuove norme in materia di etichettatura, ovvero maggiori informazioni, sono sempre le grandi industrie a mettersi per traverso: non solo spesso a loro non conviene dare informazioni dettagliate, ma in più molte delle informazioni che il consumatore vorrebbe non le hanno. Si crea così una situazione un po’ paradossale, per cui gli alimenti industriali, non essendo più in grado di raccontare la propria storia (o nella certezza che il racconto della propria storia non creerebbe alcun tipo di appeal), vengono venduti grazie alla costruzione di altre storie, accessorie, che fabbricano un’identità alternativa per prodotti che hanno smarrito la propria. Ma questa non è informazione, è pubblicità", dice Tullio De Mauro nella prefazione del libro.
Mangia come parli
Autore: Cinzia Scaffidi
Editore: Slow Food
Anno di pubblicazione: 2014