Dando l'avvio a una serie di interviste agli assessori regionali, pubblichiamo quanto dichiaratoci da Claudio Sacchetto, Assessore Regionale alla caccia del Piemonte.
Assessore Sacchetto, come ben saprà i cacciatori italiani sono sempre più esasperati da una situazione non più sostenibile per la facilità con cui i calendari venatori, anche se sempre più restrittivi, vengono invalidati dai ricorsi al Tar, almeno fino alla trattazione di merito. Alla luce di ciò che è accaduto durante la stagione venatoria 2013/2014, con le continue sospensioni della caccia che hanno coinvolto diverse regioni (per esempio Liguria, Sardegna, Lazio, Campania), come pensa di affrontare la prossima stagione venatoria per dare certezze ai cacciatori della sua regione?
Innanzitutto va evidenziato che se un numero elevato di Regioni a storica vocazione venatoria ha subito l’invalida dei calendari venatori, la colpa non può essere attribuita semplicisticamente -come spesso è stato fatto in modo polemico- agli errori o alla “leggerezza” di funzionari e politici nella redazione degli atti amministrativi necessari. Probabilmente è cambiata nel tempo anche la modalità di giudizio degli enti deputati a decidere: in passato, anche di fronte a calendari molto meno restrittivi, tutti questi stop alla stagione venatoria non c’erano.
In merito alla prossima stagione agiremo con il massimo impegno e la massima dedizione alla stesura di un calendario venatorio idoneo alle peculiarità territoriali della nostra Regione.
Una recente sentenza riferita al Calendario venatorio toscano ha confermato che l'Ispra fornisce sistematicamente dati non aggiornati e che su questi basa i suoi pareri tecnici sulle scelte regionali in fatto di caccia. In quella occasione, come in molte altre simili, il Tar ha anche acclarato che si possono ottenere dati molto più rispondenti alla realtà rivolgendosi ad altri istituti scientifici, come per esempio Università o osservatori regionali. Pensa che in futuro sarà questa la strada?
Ritengo che potrebbe essere utile -con il fine di ottenere una panoramica completa e aggiornata della realtà territoriale- la collaborazione tra più enti promuovendo la sovrapposizione dei dati che rispettivamente i diversi istituti hanno in archivio. Una tale operazione potrebbe essere auspicabile solo se si trova il modo di evitare che un tale lavoro di confronto non sottintenda un ulteriore aumento delle tempistiche e degli adempimenti che già attualmente le Regioni devono affrontare per stendere i calendari venatori.
Pensa che un coordinamento tra regioni per calendari e gestione venatoria potrebbe essere la soluzione?
Ho sempre auspicato un coordinamento sinergico tra Regioni in materia venatoria: penso che una collaborazione tra i diversi settori regionali, promuovendo il confronto tra funzionari, potrebbe portare a ottimi risultati. Inoltre, e lo ritengo l’elemento più importante, sono convinto che una tale operazione gioverebbe anche all’uniformità di giudizio a livello nazionale: alcune Regioni infatti, nel tempo, si sono viste sospendere il calendario venatorio mentre le realtà confinanti cacciavano con calendari decisamente meno restrittivi.
Va inoltre portato in primo piano un ulteriore ragionamento, collegato alle argomentazioni precedenti: sarebbe auspicabile che nella fase di valutazione dei calendari venatori, l’ISPRA prendesse in considerazione linee guida specifiche (elaborate su base scientifica) diverse per nord, centro e sud Italia, dividendo il Paese in” fasce differenti”, sul modello di altri Stati come Germania e Francia dove tale meccanismo è già in uso.
La 157/92, che compirà ben 22 anni nel 2014, viene considerata abbastanza diffusamente come una legge che ha bisogno di un forte ripensamento e di un generale aggiornamento che tenga conto di una caccia moderna sostenibile e amica dell'ambiente, come per altro viene concepita dalle direttive comunitarie. Recentemente il Commissario Ue per l'ambiente Janez Potocnik ha evidenziato che i calendari venatori italiani sono in linea ai principi di conservazione delle specie, in particolare riferendosi alle date di chiusura della caccia alla fauna migratoria. E' poi di questi giorni l'archiviazione delle procedure comunitarie aperte sul fronte della caccia in deroga contro l'Italia. Crede che la Legge 157/92 debba essere aggiornata per dare maggiori garanzie ai cacciatori? Come?
Come la maggioranza dei provvedimenti legislativi anche la 157/92 è stata adottata in un momento in cui vi era un certo tipo di realtà: adesso le peculiarità territoriali, ambientali, climatiche sono mutate e alcune modifiche potrebbero risultare opportune. I chiari messaggi provenienti dall’Ue ci dimostrano che in Italia, nell’ambito dell’amministrazione dell’attività venatoria, non vi è nessun estremista e tantomeno si perseguono obiettivi al di fuori delle indicazioni legislative. Mi domando: se dalla Comunità Europea non vi sono obiezioni, allora forse chi oggi in Italia attacca il comparto venatorio sbaglia nell’approccio alla materia?
Due sarebbero le modifiche prioritarie in merito alla 157/92: in primo luogo la necessità di permettere l’attività venatoria sulla neve anche in pianura per quanto riguarda il cinghiale e la caccia di selezione; in seconda istanza, per quanto concerne la caccia di selezione agli ungulati -pur avendo avuto un periodo più ampio per la selezione mediante la legge finanziaria- sarebbe auspicabile inserire questi periodi all’interno della 157/92, a maggior ragione tenendo in considerazione le linee guida che l’ISPRA ha illustrato nelle scorse settimane.
Non si può negare che da quel lontano 1992 molte cose sono cambiate, a partire da una imprevista e allarmante presenza di ungulati (ma non solo) che danneggia l'agricoltura e che mette in pericolo gli automobilisti, a cui occorre rispondere con interventi mirati e più tempestivi di quanto preveda attualmente la normativa quadro sulla caccia. Quale può essere secondo lei il ruolo dei cacciatori moderni in risposta a questi problemi?
Al di là dello specifico contesto venutosi a creare al quale la domanda fa riferimento citando gli ungulati, ho sempre considerato la caccia, oltre che una nobile e storica tradizione della nostra Regione, una risorsa per il territorio: il cacciatore che agisce nel perimetro delle regole è il principale soggetto ad essere interessato alla tutela dell’ambiente e alla conservazione dell’habitat naturale. Purtroppo vi è ancora una fetta di popolazione che pensa con pregiudizio all’attività venatoria.
Il ruolo del cacciatore dunque permane quello di sempre, quello di guardiano del territorio.
Purtroppo in Piemonte in questi anni abbiamo avuto molti problemi e sono consapevole di aver deluso i cacciatori; al contempo vorrei dire loro che ho lavorato molto (si veda l’introduzione di maggiori opportunità come carabina, carnieri, giornate e abolizione referendum) e lavorerò ancora intensamente per ottenere risultati in termini di rispetto che tutti devono portare nei confronti dei cacciatori stessi, i quali rappresentano una delle poche categorie obbligate a sottoporsi a visite mediche e ad avere la fedina penale pulita. © RIPRODUZIONE RISERVATA |