Quando la Commissione costituita ad ottobre in Federcaccia ha cominciato il suo lavoro, circolavano da tempo proposte che, più che volte a modificare la 157 per migliorarla, sembravano volerla cancellare. Che la 157 abbia bisogno di revisione in alcune parti anche profonda (sia per interesse generale sia per interesse della caccia) è un fatto, ma indebolire l’asse portante programmazione/gestione non serve alla società e danneggia la caccia. Questo è quanto pensano alla Fidc (vedi anche le dichiarazioni di Timo).
La caccia, al contrario, ha bisogno che la gestione si estenda e si qualifichi, perché è attraverso questo passaggio che si possono sconfiggere gli ideologismi e le prevenzioni che ancora determinano, in Italia più che nel resto d’Europa, limitazioni talvolta irrazionali che mortificano la caccia e danneggiano l’ambiente ed i suoi equilibri.
Se il lavoro della Commissione Federcaccia fosse iniziato prima, forse si sarebbe evitata qualche deriva ed il dibattito sulla modifica della 157 sarebbe partito fin dall’inizio su basi più avanzate, ma tant’è: speriamo che sia possibile recuperare un dibattito che coinvolga tutte le componenti interessate, per prime quelle venatorie, agricole, ambientaliste. Tutti, del resto, affermano che tale percorso è probabilmente il solo che possa far guardare con fiducia ad esiti positivi e rapidi dell’iter Parlamentare di modifica della legge.
Al Tavolo aperto da Federcaccia con altre Associazioni venatorie, le Organizzazioni degli agricoltori, alcune Associazioni ambientaliste – che intanto ha prodotto un primo documento di orientamento su alcuni aspetti importanti – si dovrà ora entrare maggiormente nel merito per tradurre i concetti in soluzioni. Ne parliamo con Massimo Cocchi, Consigliere Nazionale, autorevole esponente della Federcaccia Toscana, altrettanto assiduo e autorevole soggetto, come lo ha definito con noi il presidente Timo, della Commissione Fidc per la revisione della legge.
Consigliere Cocchi, quali sono gli elementi principali di revisione a cui intendete porre attenzione?
In estrema sintesi: fermo il riferimento al quadro europeo ed internazionale, va salvaguardato l’impianto generale della 157 costituito da programmazione/pianificazione/gestione faunistico-venatoria con attenzione particolare all’ambiente, all’agricoltura, alla tutela della fauna; la struttura organizzativa, con gli Atc ed i Ca ed i loro organi e ruoli; la regolamentazione degli accessi e della mobilità dei cacciatori, in base al criterio della “massima mobilità compatibile con la gestione”. Vanno salvaguardate e valorizzate anche le funzioni della scienza, potenziando le capacità di ricerca e superando però una situazione che ha visto spesso, fino ad oggi, l’Infs invadere competenze proprie delle istanze di governo del territorio.
Proprio per un più esauriente soddisfacimento delle finalità che portarono all’approvazione della 157 e che la legge stessa afferma, sono indispensabili cambiamenti anche profondi dell’articolato.
Alcuni degli aspetti di primario rilievo:
- Superare (art 1) una proposizione della caccia vista in certo modo solo come attività residuale ( “..è consentita purchè non contrasti..”) ed esplicitare un altro concetto: le politiche volte alla conservazione e all’incremento del patrimonio faunistico devono tenere conto delle esigenze connesse alla conduzione agricola ed all’esercizio dell’attività venatoria. Un approccio che riconosce alla caccia ruolo e dignità oltrechè funzione positiva nelle politiche conservative.
- Chiarire (art 1) il quadro di competenze dopo la modifica del titolo V della Costituzione, esplicitando che la gestione, la tutela della fauna selvatica e la disciplina dell’attività venatoria sono materie di competenza delle Regioni e Province autonome, restando allo Stato specie e tempi generali di caccia. In relazione alla statuizione delle competenze, destinazione alle Regioni (come da legge finanziaria del 2001) del 50% dei proventi delle tasse di concessione governativa).
- Chiarire (art 7) ruolo e competenze dell’Infs (ora Ispra) ed il rapporto fra l’istanza tecnico-scientifica da un lato e i Governi regionali e provinciali competenti in materia, nonchè gli enti gestori quali Atc e Ca, superando uno stato delle cose che ha visto di fatto l’Infs “invadere” il terreno proprio di questi ultimi, avendo di fatto l’Infs il potere, ad esempio, di determinare addirittura le modalità organizzative della caccia o degli abbattimenti o dei prelievi o delle catture a scopo di controllo faunistico. Potenziare e qualificare l’Istituto come organo scientifico e tecnico di ricerca incaricato di censire, su tutto il territorio nazionale (sarebbe dispersivo e incongruo moltiplicare sul territorio nazionale gli Istituti scientifici), il patrimonio faunistico, studiarne lo stato, realizzare studi e ricerche concernenti la conservazione e la gestione di fauna ed habitat, e di fornire dati e risultati allo Stato, alle Regioni, agli enti gestori, dotando l’Istituto stesso dei mezzi necessari (tramite adeguato utilizzo di parte del gettito della tassa di concessione governativa) e lasciando ad esso la responsabilità delle azioni collegate a questa funzione (ad esempio l’inanellamento a scopo scientifico).
- Liberare invece l’Istituto (e specularmente le Regioni) dalla mole di pareri che è oggi chiamato a dare: l’applicazione della legge, le modalità di organizzazione delle attività di gestione della fauna (siano esse attività propriamente di caccia o interventi di altro genere) spettano ai soggetti competenti in materia, che assumono la responsabilità dei loro atti.
E poi?
- Prevedere in luogo del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale (art 8) un diverso organismo – il “Consiglio Nazionale della caccia e della fauna selvatica” - che, per composizione e competenze attribuite, svolga un ruolo maggiormente attivo e contribuisca realmente al governo della materia. Conferirgli compiti di organo tecnico che suggerisce allo Stato ed alle Regioni gli indirizzi, i mezzi e gli strumenti necessari per la preservazione della fauna, per la promozione della biodiversità e per il miglioramento della gestione e della programmazione dell’attività venatoria nel rispetto degli equilibri biologici, nonché di verificare la coerente applicazione della legge.
Il Consiglio potrà avvalersi della consulenza dell’Istituto (ex Infs) e di altri organismi di ricerca (Università, enti nazionali ed internazionali). In esso potrà essere esercitata la funzione di concertazione fra le Regioni anche su aspetti quali le deroghe per le quali il coordinamento è indispensabile.
E sul territorio?
- Valorizzare la dimensione regionale nella pianificazione faunistico venatoria, trasformando il Piano Regionale da “coordinamento” dei Piani provinciali in effettivo primario strumento di programmazione, redatto sulla base delle proposte delle Province ma definito nell’ottica territoriale più ampia della Regione, per permettere scelte maggiormente sinergiche ed un governo unitario e coerente della materia su scala più adeguata.
Il Piano regionale dispone anche la destinazione delle risorse finanziarie e le modalità della loro erogazione, oltre a stabilire i criteri per il risarcimento dei danni e gli incentivi per gli agricoltori che si impegnino in conduzioni dei fondi concordate ai fini dell’incremento di habitat e fauna selvatica.
- Ricomprendere nel Piano (anche dal punto di vista della gestione) le aree della rete natura 2000 (Zps, Zsc, etc).
- Eliminare (art 12) la scelta dell’opzione della forma di caccia, vincolo non sorretto, oggi, da argomenti razionali. Modi, forme, quantità di caccia sono regolati nel quadro delle scelte programmatiche e gestionali, il che rende incongrua una preventiva ed astratta limitazione delle possibilità.
- Garantire (art 14) nel contempo il rapporto del cacciatore con il territorio, la possibilità effettiva di essere accolti anche in Atc diversi da quello di residenza o della propria Regione, forme di mobilità che – in special modo per la selvaggina migratoria- consentano spostamenti temporanei ma programmati e controllabili.
A questi fini si introduce omogeneità nei criteri di calcolo della densità ammissibile , norme che garantiscono l’accoglienza di cacciatori non residenti, una gestione della mobilità giornaliera (oltre cioè l’iscrizione agli Atc) interregionale (le Regioni decideranno sulla mobilità interna) che, tramite modalità come quelle in atto da anni fra le regioni del centro Italia, assicura l’accoglienza senza vanificare la necessità di presenze venatorie compatibili con le esigenze della gestione.
Ma la questione delle questioni è, come sempre, per i cacciatori che guardano al sodo, l’elenco delle specie cacciabili, insieme a i tempi e i modi di caccia. Cosa pensate di proporre?
- Prima di tutto: superare (art 18) la logica di una impostazione “bloccata” che fissa tempi, in apertura e chiusura della stagione, rigidi ed invalicabili indipendentemente da ragioni tecniche o biologiche connesse alle specie interessate al prelievo o agli ambienti in cui la caccia si svolge.
La “destagionalizzazione” del prelievo degli ungulati è già possibile, ma va esplicitamente prevista nella legge: gli ungulati debbono essere cacciati tutto l’anno, per ogni specie secondo un calendario biologico specifico.
In via generale, considerando le varie e diverse condizioni di un Paese con le caratteristiche dell’Italia, stagione venatoria dal primo di settembre alla fine di febbraio, con possibilità per le Regioni di anticipare l’apertura (per singole specie e secondo modalità che le Regioni stesse decidono) alla terza decade di agosto.
- Prevedere, come già per le specie, l’adeguamento dei tempi con decreto in relazione a nuove evidenze (studi, rilevazioni, documenti tecnici nazionali e comunitari).
Il problema, per alcune specie migratorie, è l’incongruenza dei riferimenti tecnico scientifici che riguardano l’Italia rispetto a quello che gli stessi documenti affermano per Paesi Europei con condizioni analoghe al nostro. Il documento Ornis reca date di inizio della migrazione prenuziale diverse fra l’Italia e (ad esempio) la Spagna e la Francia per le stesse specie, con differenze temporali inspiegabili sul piano tecnico e leggibili solo come conseguenza di una precisa volontà politica.
Una rivisitazione critica di questi documenti appare il primo passo da compiere per uscire dall’equivoco e definire i tempi in relazione a condizioni oggettive.
- Inoltre: garantire (art 19) il controllo effettivo degli equilibri faunistici in ogni tempo ed in ogni luogo, indipendentemente dalla destinazione funzionale delle aree. Dare alle Regioni la possibilità effettiva di intervento con l’utilizzo dei mezzi più idonei è fra le condizioni indispensabili per prevenire danni all’agricoltura e alla flora e assicurare la diversità delle specie sul territorio. Superare la separatezza, anche a questi fini, fra aree protette e rimanente territorio. Ove le gestioni competenti non assicurino il mantenimento degli equilibri ottimali, potere alle Regioni di intervento.
- E recuperare (art 22) la possibilità di conseguire la licenza di caccia per i sedicenni, su esplicita autorizzazione di chi esercisce la patria potestà.
Questi gli aspetti principali, che incidono sul “sistema di governo” della gestione faunistica e venatoria, con innovazioni che mantengono l’impostazione portante della 157, eliminano prescrizioni improprie per una legge quadro, affidano alle istanze competenti (le Regioni) il compito e la responsabilità di attuarla, semplificano senza stravolgerlo il novero di regole la cui finalità non è complicare la vita ai cacciatori ma rendere la gestione faunistica e la caccia elementi sempre più utili alla gestione conservativa delle risorse naturali.
Intendiamo tuttavia aggiungere ulteriori proposte di modifica di maggior dettaglio (ad esempio :escludere dalla tutela, come i topi e le arvicole, anche nutria, il piccione domestico inselvatichito; precisare che il trasporto di armi in macchina scariche e in custodia è consentito su tutte le vie di comunicazione, anche nei parchi; adeguarsi alle direttive europee per quanto riguarda la caccia da natanti o l’uso di richiami di allevamento; adeguare il sistema sanzionatorio coerentemente con la tendenza generale) rispondono alla stessa logica.
Tutto questo, è già stato illustrato alla commissione ambiente del Senato?
Certamente. Quantomeno nelle sue linee essenziali, un autorevole esponente della presidenza Federcaccia, Gianluca Dall'Olio, le ha illustrate nel corso della recente audizione alla commissione ambiente del senato Nel Particolare, sarà presto nostra cura ufficializzare un testo, coerente con i principi e le intese cui ci siamo sempre riferiti, sia al tavolo Face, sia all’altro tavolo allargato a agricoltori e ambientalisti.
Credete che agricoltori e ambientalisti siano d’accordo su tutto questo?
Il confronto al tavolo costituito procede, ed ho già detto che un primo documento è stato prodotto.
Personalmente lo considero un segnale incoraggiante per possibili convergenze che abbiano l’obbiettivo, come usava dire un vecchio amico, non di “un compromesso al livello dei più imbecilli” ma di un’intesa qualificata ed equilibrata.
Poco più di un anno fa, a Bolgheri, fu sottoscritto un documento ( Manifesto della caccia: la gestione conservativa degli ambienti naturali e della fauna selvatica) fra Federcaccia Toscana, Arcicaccia Toscana e Legambiente Toscana che anticipava molti dei concetti che oggi ci sentiamo impegnati a sostenere per la legge nazionale. Si trattava di un fatto regionale, è vero, ma aspetti allora sottoscritti come il ritorno alla gestione del territorio del 50% delle tasse di concessione governativa, il sostegno al ruolo multifunzionale dell’impresa agricola, la regolazione della mobilità, l’esigenza di armonizzare la gestione faunistica sul territorio al di là della destinazione funzionale delle singole aree, hanno spazio centrale nelle nostre proposte.
Certo vi sono passaggi complessi che, come per elenco delle specie cacciabili e tempi di caccia, metteranno a dura prova il confronto, ma poiché credo che la consapevolezza che la 157 abbia necessità di essere aggiornata e “modernizzata” non sia solo nostra, tutto sommato ritengo di poter esprimere un ragionevole ottimismo.
Massimo Cocchi