Appartengo alla fortunata categoria che ha potuto prendere il porto d'armi a 17 anni con la firma del babbo. Il mio babbo era un appassionato cacciatore e sicuramente (anche se non me lo ha mai detto) era orgoglioso di avere suo figlio accanto, ma il primo giorno di caccia fu per me davvero drammatico.
Il pomeriggio del giorno precedente, scendendo in motorino da S. Martino alla Palma verso Scandicci, ad una curva, scivolai e ruzzolai in terra fermandomi contro un muretto.
Nessuna conseguenza grave, solo sbucciature, ma i ginocchi non avevano più un filo di pelle sopra. I miei genitori mi avevano sempre minacciato, per farmi andare piano, di vendere il motorino al primo incidente che avessi fatto. Quindi rientrai di soppiatto nascondendo il motorino, un Gilera, e gettando nel sacco dei rifiuti i blue-jeans strappati. Poi mi fasciai i ginocchi, ma la mattina dopo non camminavo proprio e non potevo nemmeno confessare l'accaduto. Ne venne fuori una apertura da incubo, camminavo dietro al cane, una setter di nome Dana, come un manichino e non mi potevo nemmeno abbassare. Arrivavo sempre in ritardo e mio padre non si capacitava di cosa avessi, io che non aspettavo altro che l'apertura della caccia sui colli intorno a Firenze.
Da allora ho mancato, in 40 anni, solo due aperture: nel 1980, perchè ero militare e nel 2013, sempre per un incidente in motorino, stavolta molto più grave. La conseguenza è che continuo a fare l'apertura, ho semplicemente venduto l'ultimo motorino.
Paolo Banti