A pochi giorni dall'inizio della stagione venatoria, Big Hunter ha interpellato il Presidente della Federazione Italiana della Caccia Gianluca Dall'Olio, per sapere cosa pensa sulle questioni attualmente in agenda, e in particolare sull'auspicata modifica della 157.
Big Hunter. Cominciamo dallo scenario politico. Quello che è successo nei giorni scorsi alla Camera (ritiro per la seconda volta dell'emendamento Pini sulla Comunitaria) è un chiaro sintomo di una netta chiusura sulla questione caccia che persiste ancora da parte dell'opposizione, ma anche l'evidenza che non c'è un grande accordo neppure nella maggioranza. Il lungo e sofferto percorso della riforma della 157 al Senato, dove l'opposizione sta effettuando un marcato ostruzionismo, sicuramente influisce sul clima parlamentare. Come si esce da questo impasse secondo il presidente della Federcaccia?
Gianluca Dall'Olio. Innanzitutto credo che la maggioranza dovrebbe compattarsi un po' di più, visto che ha un esponente che al Senato è il relatore della legge, che non può risultare essere isolato all'interno della stessa. E' chiaro che il passaggio – non favorevole - relativo alla Comunitaria è sintomo che nella maggioranza non c'è intesa. O quantomeno registra indecisione e incertezza. Aldilà dell'emendamento Pini, tutti sappiamo che la Lega per una serie di ragioni pone attenzione a questi nostri problemi, attenzione che noi valutiamo positivamente. Credo però che non possa bastare. Credo che anche all'interno del PDL occorra stringere le fila. Se il bel tempo si vede dal mattino, per ora è ancora brutto tempo.
BH. Cosa occorrerebbe per sbrogliare la matassa?
G.L.D. Oltre all’invito rivolto alla maggioranza, l'invito che noi abbiamo rivolto e che rivolgiamo ancora all'opposizione è di valutare gli aspetti positivi e negativi del testo e di elaborare in modo propositivo emendamenti costruttivi e non ostruzionistici. E' chiaro che questo mette ombra in senso negativo su tutta la questione. La responsabilità dell'opposizione dovrebbe andare aldilà dell'atteggiamento finora tenuto, che noi non condividiamo assolutamente, perché crediamo che non sia un atteggiamento benefico per il sistema. Basta leggere gli emendamenti presentati per capire che hanno in sé il criterio del paradosso ostruzionistico.
BH. C'è stata una chiara precisazione a proposito da parte sua della ventilata ipotesi di una nuova partecipazione di Federcaccia al Tavolo degli Stakeholders. Su questo pesa molto la posizione di un'altra associazione venatoria, l' Arcicaccia. Quanto lei ha posto come condizione (l'accettazione della Direttiva Uccelli e della Guida interpretativa) pensa che possa ricevere la dovuta attenzione?
G.L.D. Il problema delle modifiche alla 157, aldilà delle modalità normative che permettono la gestione nel complesso della fauna, dell'ambiente, dovrebbe riguardare la risoluzione di problemi che coinvolgono il mondo agricolo in una maniera più coerente. In questo senso c'è bisogno, credo, di aggiornati interventi di modifica alla normativa. L'altro problema, l'ho sottolineato più volte, riguarda i tempi e le specie cacciabili. C'è una incoerenza di fondo tra la stagione venatoria che da 18 anni ha date fisse di apertura e di chiusura, e la situazione della maggior parte degli altri paesi europei – anche quelli che si affacciano sul Mediterraneo, Francia, Spagna e Grecia compresi - che invece applicano in maniera più coerente il prelievo per decadi nel rispetto della consistenza faunistica delle diverse specie migratorie e stanziali, con maggiore attenzione a quelli che sono i dati tecnico-scientifici e statistici. Credo che sia questo la questione che vada discussa e soprattutto che venga riconosciuto anche dal mondo ambientalista che questo Paese non ha un adeguato supporto tecnico scientifico per poter dirimere la questione. I dati che abbiamo sono insufficienti, ma mi pare che il mondo ambientalista li voglia mantenere tali, perché apparentemente favorevoli alle sue tesi.
BH. Anche se sono inadeguati?
G.L.D. Sono fortemente inadeguati. Lo ribadisco ancora. Mancano osservatori ornitologici, mancano valutazioni sui flussi migratori, coerenti nel tempo e sul territorio: questo è il problema che deve essere affrontato. Altrimenti ci si nasconde dietro a un dito e la situazione così è irrisolvibile. Per certi ambientalisti, lo status quo deve essere mantenuto. Questo dal punto di vista del mondo venatorio non è accettabile. Altrove non è così. In tutti gli altri paesi europei c'è un confronto indirizzato a superare i conflitti e trovare in via di mediazione una soluzione che sia soddisfacente per i diversi interessi in campo, ambientali, agricoli e anche, se è permesso dirlo, del mondo venatorio.
BH. Scendendo nello specifico, per l'articolo 18, che cosa potrebbe essere modificato nell'interesse di tutti?
G.L.D. E' chiaro che noi abbiamo alcune specie che in ragione dei concetti chiave consolidati sono prelevabili anche nelle decadi di febbraio ed altre che per la stessa ragione dovrebbero in qualche modo retrocedere a dicembre o a gennaio: si parla di bottaccio, germano, beccaccia, giusto per ricordarne tre. Una mediazione che avevamo proposto e che ci sembrava e ci continua ad apparire come dotata di buon senso era di allargare alla prima decade di febbraio per le specie indicate dai concetti chiave e mantenere al 31 di gennaio tutte le altre specie che fino ad ora sono in calendario.
BH. Questa è la proposta di Federcaccia o di tutte le associazioni che hanno sottoscritto il documento?
G.L.D. Questa è la proposta di Federcaccia. E' chiaro che poi quando abbiamo sottoscritto il documento con le altre associazioni, abbiamo chiesto, nel rispetto della Direttiva, un allungamento alle decadi di febbraio. La nostra era una proposta di mediazione.
BH. A che punto eravamo arrivati rispetto all'elaborazione del documento, al momento della rottura con il tavolo degli Stakeholders?
G.L.D. Beh, era stata condivisa la rivisitazione dell'Istituto Fauna Selvatica per riportarlo nella sua autonomia pregressa, la costituzione dell’ufficio interministeriale, la disciplina della mobilità alla migratoria per un pacchetto di giornate su tutto il territorio nazionale, ovviamente nel rispetto della competenza delle regioni, poi ribadito anche dal documento sottoscritto dalle associazioni venatorie in maniera inequivocabile.
BH. Su questi punti erano d'accordo anche gli altri componenti del tavolo?
G.L.D. Si era raggiunta un'intesa. Per la mobilità si suggeriva la possibilità di utilizzare il meccanismo della teleprenotazione così come consolidato ormai da anni in alcune regioni del centro. Avevamo condiviso anche il fatto che ci fossero dei rifinanziamenti alle regioni derivanti dalla tassa di concessione governativa per la licenza di caccia, per affrontare i problemi di gestione complessiva del rapporto fauna–ambiente-agricoltura. I diversi istituti devono essere adeguatamente finanziati, le risorse devono essere destinate ad ottenere buoni risultati nella gestione del territorio, anche attraverso adeguate conoscenze scientifiche, come succede in tutti gli altri paesi europei. In questo senso l'Italia paga un ritardo considerevole.
BH. Al Tavolo degli Stakeholders era stato individuato anche un limite alla percentuale delle aree soggette a protezione?
G.L.D. Era stato convenuto il rispetto del 70 e 30 percento e avevamo chiesto che fossero comprese nel territorio agro-silvo-pastorale anche le aree sottoposte al regime di Natura 2000.
BH. Ma su questo c'era un accordo generale?
G.L.D. C'era una disponibilità a ragionare anche se la cosa non è stata prodotta compiutamente. La nostra istanza era che riteniamo che tutte le aree comprese nella rete 2000 debbano essere ricomprese nell'ordinario territorio agro-silvo-pastorale come è negli altri paesi europei. Gli ostacoli sono stati quelli dell'articolo 18, insieme all' ormai abbandonata logica di poter concedere la caccia a 16 anni. Non fu raggiunta nemmeno una intesa sul controllo della fauna considerata problematica, un problema che riguarda tutte le aree. Dal tavolo è uscita anche Coldiretti.
BH. A proposito dei 16 anni e della pubblicità col bambino sulla pressa di paglia, la Federcaccia proseguirà su quel filone? Ci crede insomma?
G.L.D. Ribadisco che quella era un'iniziativa rivolta al nostro circuito, non una campagna pubblicitaria, che non facciamo mai. Come tutti gli anni abbiamo stampato non più di 5.000 manifesti che distribuiamo nelle nostre sedi. Abbiamo pensato di suggerire a noi stessi e a tutti i soggetti del mondo venatorio di poter tramandare l'esperienza e la cultura venatoria ai nostri figli, una cosa che non è vietata da nessuna norma. E soprattutto necessaria, per mantenere una tradizione che è nata nel mondo rurale, che trasferiva questo tipo di passione, di competenza, di conoscenza, di formazione non solo tecnico-venatoria ma anche fatta di indicazioni comportamentali corrette, da padre a figlio. E' una cultura che si presume - e si auspica - che possa durare ancora. E' chiaro che ci crediamo, crediamo anche nel fatto che attraverso il trasferimento di informazioni sull'attività venatoria sia necessario coinvolgere le nuove generazioni. Rispetto alla pluralità di interessi messi oggi a disposizione della curiosità e della sensibilità dei più giovani, la caccia, se non viene promossa e mantenuta, può apparire come una cosa che si allontana sempre di più. Il coinvolgimento dei giovani, come per ogni attività umana, è necessario.
BH. A qualche mese dalle elezioni del nuovo gruppo dirigente, come si evolve in Federcaccia il programma dell'associazione rispetto alle problematiche interne?
G.L.D. Stiamo cercando di dare un nuovo indirizzo, anche attraverso una riprogettazione degli uffici, espressa in termini di nuove competenze. Come ho già detto nel mio programma, Federcaccia risente ancora troppo della sua ex appartenenza al Coni, in qualità di federazione sportiva. E' chiaro invece che la Federcaccia è ben altra cosa. E' prima di tutto una Federazione di cacciatori, con tutte le problematiche che ne derivano riguardo a prelievo venatorio, ambiente, fauna. Credo che sia necessario che aumentino le competenze della Federazione, che mentre deve meglio esprimersi sotto il profilo politico-associativo, debba anche dotarsi di strutture, che aumentino il livello di conoscenza attraverso competenze specifiche. Stiamo avviando un progetto che si svilupperà prima a livello centrale, ma che poi possa collocarsi anche almeno a livello regionale, con competenze rispetto alla gestione ambientale e faunistica anche per quanto attiene alle specie migratorie. Per esempio utilizzando il modello sperimentato in altri paesi d'Europa, dove esiste un ufficio specifico per la fauna migratoria, che affronta tutte le problematiche attinenti. Credo che questo possa sicuramente aiutare anche nel confronto politico ad aumentare il livello della qualità delle istanze proposte ai diversi livelli.
BH. E sulle altre questioni di carattere associativo e organizzativo?
G.L.D. Intanto a livello organizzativo lo Statuto approvato ha snellito una serie di problemi di tipo burocratico-funzionale. Ne abbiamo già verificato i benefici e siamo convinti che ciò favorirà una maggiore coerenza nei rapporti fra centro e periferia di Federcaccia.
BH. C'è un buon clima tra centro e periferia?
G.L.D. Per ora c'è un buon clima, io auspico e spero vivamente che possa essere mantenuto.
BH. Un auspicio? Un messaggio ai cacciatori?
G.L.D. Ai cacciatori anche se con un po' di ritardo faccio un in bocca al lupo, lo faccio di cuore a loro e lo faccio anche a me stesso. L'auspicio: ci sono delle realtà oggi poco conosciute che devono essere fatte conoscere. Lo scenario ambientale e faunistico e quello agricolo sono cambiati ed il paese pare non saperlo. La caccia oggi è fortemente modificata, l'ambiente è fortemente modificato, il modello del prelievo è fortemente modificato, i codici comportamentali e spesso anche i codici deontologici dei cacciatori sono aumentati di livello e di qualità e la società se ne deve rendere conto. Questo è un Paese evoluto da questo punto di vista, credo che la società tutta e il mondo politico ne debba prendere coscienza e non possono essere sostenute e non fanno bene al Paese le campagne denigratorie contro la caccia; molte volte, oltre che denigratorie sono anche diffamatorie in senso abbastanza gratuito. Questo è l'auspicio: che il paese si renda conto che la categoria dei cacciatori è costituita da persone civili, una categoria che ha la necessità di essere rispettata come tutte le altre. La caccia in Italia non è più un fenomeno di massa. I cacciatori si sono ridotti della metà e ci sono delle ragioni oggettive che indicano e suggeriscono alla società di andare a riformare non a controriformare la disciplina che norma e organizza l'attività venatoria.
BH. Una previsione per questa auspicata riforma, o modifica, o aggiornamento, o come la si voglia chiamare?
G.L.D. Io non sono privo di timori, proprio per le ragioni che ho elencato all'esordio di questa intervista. Ossia: anche quanto è successo con la Comunitaria è un sintomo infelice. E' chiaro che però non posso che esprimere la speranza che anche in Parlamento si possa assistere a comportamenti civili, responsabili. Se non succede questo e la maggioranza non trova una maggior armonia, certi dubbi cresceranno.
BH. Com'è andata l'apertura?
G.L.D. L'apertura è andata bene, mi pare dai tam tam provenienti dalle diverse regioni il mondo venatorio abbia trovato soddisfazione. Chiaramente ci sono state anche alcune disillusioni, ma nella media mi pare che complessivamente sia stata una apertura buona. Personalmente ho dedicato l'apertura ai cani. Ho trovato una mezza giornata di soddisfazione e di piacere. Sono stato soddisfatto. Sono andato al cinghiale, rinunciando alla lepre. A. Parma, da alcuni anni, l'apertura della stagione al cinghiale è concomitante all'apertura generale. Così si spalma meglio anche la pressione venatoria.
Gian Luca Dall'Olio
Presidente Nazionale di Federcaccia
Vai alla notizia e lascia un commento