L'ultima campagna shoc scelta dalla nota organizzazione animalista PETA contro il consumo di pesce paragona senza troppi problemi la violenza sulle donne a quella esercitata sui pesci, mostrando grida di donne alternate al boccheggiare di un pesce tolto dall'acqua.
Per Sergio Berlato, Deputato al Parlamento europeo e Coordinatore del Popolo della Libertà a Vicenza, l'intera operazione è tipica di un modo di ragionare estremista, "che pone sullo stesso piano la vita di un pesce e quella di un essere umano", ma questa volta, aggiunge, "hanno davvero esagerato”. La violenza sulle donne è un dramma che ogni persona di buon senso si guarderebbe bene da utilizzare in maniera strumentale – continua Berlato – e tantomeno lo utilizzerebbe come argomento per una campagna contro il consumo di pesce. Evidentemente il buon senso gli animalisti sembrano averlo smarrito”. "Chiedo che questa campagna volgare ed indecente – conclude Berlato - venga immediatamente ritirata perché risulta gravemente offensiva nei confronti di tutti gli esseri umani che quotidianamente nel mondo subiscono violenze. Se ci mettessimo nei panni di chi subisce o ha subito delle gravi violenze ci renderemmo conto che non è crudele il consumo di pesce bensì è crudele chi, utilizzando questo spot, paragona le sofferenze di donne, bambini ed anziani a quelle di un pesce in una cucina”.
Questa volta, aggiungiamo noi, gli animalisti devono aver fatto un gran autogol: se non altro utilizzando la frase "alcune urla non possono essere sentite" riferita al pesce che boccheggia sul banco di uno chef intento a sminuzzare verdure con un coltellaccio da cucina, avranno senz'altro fatto riflettere chiunque sulle indicibili silenziose sofferenze subite dai vegetali, affettati senza pietà mentre nei loro gambi scorre ancora linfa vitale...