Nonostante ormai le presenze del lupo sono accertate su tutto l'arco dell'Appennino e la situazione sia tracimata anche in Francia, c'è un anello mancante rappresentato dalle Alpi e dall'Appennino ligure, dove le segnalazioni restano nulle o sporadiche.
Questa situazione, secondo Franco Zunino dell'Aiw, è la chiave di lettura per capire l'attuale distribuzione del lupo nelle Alpi, dovuta in gran parte non ad un ritorno naturale ma, dice Zunino, alle liberazioni avvenute in Francia dagli anni '90 che hanno creato una popolazione di svariate centinaia di lupi a cavallo tra Francia e Piemonte, e a confronto, di zero o quasi zero lupi lungo tutto l'arco ligure. Le due popolazioni dunque non sarebbero collegate: “il Lupo appenninico, autoctono, ancora relegato a tutto l'Appennino centrale e meridionale, il nuovo (perché non è noto di quanti fenotipi siano stati gli esemplari liberati, ma prima o poi sarà proprio il DNA sempre più preciso a dircelo) Lupo delle Alpi sempre più florido ed in espansione”.
“Quel focolaio francese – spiega ancora il segretario generale dell'Associazione Italiana per la Wilderness - è talmente cresciuto a dismisura che le stesse autorità sono state costrette, a furor di popolo, ad autorizzare l'abbattimento del Lupo fino al 19 settembre. Una prima azione, che sicuramente sarà poi seguita da altre su esempio di Norvegia e Svizzera. E l'Italia sarà costretta a seguire a ruota se non si vorrà che il governo aggiunga una nuova accise sui carburanti per poter sopperire i milioni di eruo necessari ad indennizzare i danni dei lupi”.
Secondo Zunino il fenomeno è sottostimato. Se in USA, nell'Idaho, sono stati contati più di 500 esemplari provenienti da 35 lupi liberati, in Italia in 40 anni 100 lupi liberati devono aver raggiunto cifre molto più alte del migliaio stimato. “Nel ricordato Idaho – dice Zunino -, le autorità statunitensi hanno autorizzato il contenimento della popolazione a soli 30 lupi: e si tratta di grandi aree selvagge. Noi pretenderemmo di far vivere migliaia di lupi (secondo una nostra stima, almeno dai 2.000 ai 4.000) tra le case, i cortili ed i campi sulla base della convinzione che essi si cibino solo di cervi, cinghiali e caprioli mantenendosi relegati nelle sole aree boschive e montane. Ma evidentemente i lupi sono meno fessi di quanto ce li descrivono certi biologi faunistici, ed hanno capito che l'uomo ha infarcito la catena alimentare di ben altri animali più facili da predare: pecore, capre, vacche e vitelli, cavalli. Quindi, o un'accise o abbattimenti, oppure... un fondo di volontariato impinguato dai "lupologi" italiani - che però da quest'orecchio non crediamo ci sentano molto: meglio far pagare lo Stato, per un bene sociale che, al contrario del'economia, è sempre più in crescita (ma, con irritazione di chi lo desidererebbe, non nell'arco ligure!)”.
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