La logica del Parco visto come zona dei mille divieti finora portata avanti in Italia ha evidenziato una
strategia del tutto perdente: crea conflittualità con i soggetti che vivono all’interno dell’area protetta e
non consente lo sviluppo economico. Lo dice Coldiretti, che sul tema della
riforma della l.394/91 ha chiesto che nei Consigli Direttivi dei parchi sia presente una rappresentanza del mondo agricolo, in quanto "unico settore produttivo che incide in modo diretto sulla tutela e valorizzazione degli habitat".
Un'apertura c'è già stata in questo senso da Federparchi, che recentemente ha rilanciato il tema della riforma proponendo che gli Enti parco diventino soggetti attivi non solo nella conservazione, ma anche nello sviluppo del territorio. Alla luce dei numerosi tagli imposti alle pubbliche amministrazioni, in pratica, bisognerà per forza di cose traghettare l'odierna gestione verso un modello nel quale il sostegno pubblico non sia più l’unica risorsa per garantire la sopravvivenza degli enti, ma nel quale trovino legittimazione anche risorse provenienti da attività svolte all’interno di tali aree, con un maggiore coinvolgimento delle imprese.
Per Coldiretti l'occasione è buona per puntare sull'agricoltura di qualità attraverso Piani di Sviluppo Rurale che consentono di realizzare quegli habitat (siepi, boschetti, zone umide, muretti a secco, filari di alberi) che sono indispensabili per la creazione di reti ecologiche e per il mantenimento degli assetti idrogeologici. La produzione di prodotti tipici biologici e tradizionali, dice Coldiretti, non potrà che incrementare il flusso di visitatori. Per ottenere questi importanti risultati per gli agricoltori bisognerà avviare un processo di evoluzione culturale all'interno di questi enti: il personale dovrà essere in grado di elaborare iniziative progettuali da attuare all’interno dei parchi che trovino confluenza di interessi tra i diversi attori del territorio e pongano in essere azioni di conservazione dell’ambiente e di valorizzazione economica delle stesse. Basta quindi con le politiche di vincoli e divieti, basta con le “oasi nel deserto” svincolate dal resto del territorio.