Durante la recente conferenza della Convenzione Onu sulla Diversità Biologica di Nuova Dheli,
i Paesi in via di sviluppo hanno ottenuto il raddoppio dei fondi per la tutela di habitat naturali, foreste e specie entro il 2015.
Un totale di circa 12 miliardi di dollari per raggiungere gli obiettivi fissati due anni fa a Nagoya, in Giappone, quando fu deciso un piano strategico per i prossimi 10 anni per salvare il patrimonio naturale del pianeta.
La decisione non ha trovato tutti d'accordo. Per la Svizzera, si è ceduto alle forti pressioni del gruppo dei 77 Paesi in via di sviluppo. Da parte sua l'Unione Europea sollecita in via prioritaria la
definizione di piani nazionali per la biodiversità. Anche se isolata, rispetto al gruppo Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) l'India ha però mostrato buona volontà annunciando un contributo di 50 milioni di dollari per progetti nazionali e internazionali. Anche la Germania si è impegnata con 500 milioni di euro all'anno dal 2013, confermando così il suo ruolo primario nell'attuazione dell'agenda Onu sulla diversità biologica.
Oltre al controverso capitolo dei finanziamenti (che era stato lasciato irrisolto a Nagoya), i Cop 11 hanno precisato alcuni campi di intervento nella biodiversità marina, in particolare nel Mar dei Sargassi, arcipelago di Tonga e alcuni siti corallini al largo della costa brasiliane. Negli ultimi due giorni dedicati al "'segmento ministeriale'' erano emerse profonde divergenze sulla mobilitazione di risorse finanziarie da parte delle nazioni sviluppate, alle prese con la crisi globale e sembrava che l'undicesima Conferenza si dovesse concludere con un fallimento.