Le imprese della Peta (People for the Ethical Treatment of Animals), associazione no profit a difesa degli animali, dall'America si sono diffuse in tutto il mondo. Grazie ai tanti amici Vips e alle campagne pubblicitarie shock contro pellicce, vivisezione, caccia e allevamenti (incentivando una dieta completamente vegana), questa enorme e ricca associazione è riuscita nel suo intento di allargare la propria influenza, probabilmente divenendo la prima associazione animalista a livello mondiale.
Ma la fama della Peta ora è vicina al collasso a causa di alcune pesanti accuse mosse dalla Virginia. Dal 2009 il Center for Consumer Freedom (associazione per i diritti dei consumatori) ha infatti denunciato la sistematica uccisione di cani e gatti nel centro gestito dalla Peta. Le accuse sono circostanziate e sostenute da dati. Secondo le statistiche nel 2012 - si legge su La Stampa - il ricovero in Virginia ha ospitato 1110 gatti e 733 cani, di cui sono stati trasferiti presso altre sedi 22 gatti e 108 cani, sono stati reclamati dai legittimi proprietari 2 gatti e 3 cani, mentre 1045 gatti e 602 cani sono morti attraverso eutanasia. Infine, 34 gatti e 7 cani sono stati collocati sotto la voce “Miscellanea”. Secondo il centro dal 1998 la Peta avrebbe ucciso 29.398 animali domestici.
Così, indagando a casa Peta, si scopre che l'organizzazione contempla da sempre la possibilità di eliminare gli ospiti indesiderati. “La maggior parte degli animali che prendiamo in custodia - dice un portavoce della Peta - sono rifiutati dalla società, sono aggressivi, su punto di morte, o comunque non adottabili”. In fin dei conti, per la Peta, l'eutanasia è un male necessario. Lo scrisse la stessa associazione nel 2009 nel suo blog ufficiale, quando si ammetteva palesemente che “fino a quando gli animali si fanno riprodurre di propria iniziativa e le persone non sterilizzano i loro amici a quattro zampe, i rifugi aperti e le organizzazioni come le Peta devono fare il lavoro sporco della società. L’eutanasia non è una soluzione alla sovrappopolazione, ma, vista la crisi attuale, è una tragica necessità”. Discorso a tratti comprensibile, ma incompatibile con ogni principio finora sbandierato dalla stessa associazione.