“L'inchiesta è riservatissima, ma da palazzo di giustizia qualcosa trapela”. E' quanto si legge sul Giornale che in un articolo di due giorni fa rivela i particolari dell
'indagine aperta dalla Procura di Genova sui conti dell'Enpa del 2011:
11 milioni di euro tra gestione di canili, quote del 5 per mille, donazioni e lasciti.
Sull'impiego di questi soldi, accanto alle spese proprie dell'associazione per la gestione delle sue attività “animaliste”, come la gestione di canili e centri di recupero,
saltano fuori spese improprie come rate di decine di migliaia di euro per l'acquisto di una casa sulle rive del Mar Rosso, il
soggiorno in alberghi di lusso a Malta e addirittura cure mediche in una clinica specializzata (per umani), per la sostituzione dell'intera dentatura.
Secondo quello che riferisce Il Giornale, tra i riscontri delle spese sospette ci sarebbero anche s
cooter, ristrutturazioni di interni, prelievi in contanti effettuati con regolare frequenza. A partire, almeno, dal 2007. I soldi, secondo la tesi della Procura,
non uscivano direttamente dalle casse di Enpa, ma transitavano da altre associazioni animaliste e fondazioni indipendenti. Nel bilancio 2011 dell'Enpa – si legge sul Giornale - appaiono crediti per somme versate alla Fondazione Ligure Diritti Animali (775mila euro) e alla Fondazione Diritti Animali (300mila euro), nei cui consigli direttivi figuravano peraltro come amministratori alcuni dirigenti della stessa Enpa.
I malumori sono partiti dall'interno dell'associazione,
grazie alle pressioni di uno dei tre revisori dei conti, Massimiliano Suprani nel 2012 (suo l'esposto alla Procura). Questa insistenza ha portato ad una catena di dimissioni: prima il tesoriere nazionale, poi la presidente della sezione Genovese e di quello di Torino. Ma i problemi sui conti sono iniziati ancora prima. La presidenza nazionale – ricorda l'articolo de Il Giornale -
era già passata da Paolo Manzi, condannato per appropriazione indebita nel 2010 per essersi intascato 115mila euro dell'associazione, a Carla Rocchi, già sottosegretaria di Amato e D'Alema. Manzi è comunque rimasto nel consiglio per tutta la durata del processo ed è stato difeso dall'avvocato interno dell'Enpa.