Uno dei più gravi problemi per la biodiversità, nonostante gli impegni sulla carta, è rappresentato ancora oggi da una elevata quantità di pesticidi e fitofarmaci. A pagare lo scotto di una produzione sempre più elevata di prodotti agricoli e dell'eccessivo sfruttamento dei terreni, sono, insieme ad una sterminata quantità di insetti, anche le api, la cui sopravvivenza è già stata messa a dura prova dai cambiamenti climatici.
La moria delle api, già oggetto di diverse campagne di sensibilizzazione rivolte al settore agricolo negli scorsi anni, non accenna a fermarsi. Un problema dalle conseguenze gravissime: api e altri insetti incidono su gran parte della biodiversità, visto che dal 60 al 90% delle piante selvatiche necessita dell'impollinazione degli insetti per riprodursi. Il che, paradossalmente, si ripercuote direttamente anche sulla produzione agricola, la quale, senza le api, si troverebbe a calare del 75% (a rischio in particolare mele, fragole, pomodori e mandorle). Per un danno globale calcolato da Greenpeace, in 265 miliardi di euro. Negli Stati Uniti nel 2006 si è registrata una perdita del 30-40 % delle colonie di api. E negli ultimi inverni in Europa la mortalità è stata in media di circa il 20%.
Un gran numero di biologi in tutto il mondo è ormai d'accordo sulla responsabilità diretta dei pesticidi: la cui esposizione causa la perdita dell'orientamento delle api ed un loro graduale indebolimento. I campi coltivati e le aree a pascolo occupano ormai circa il 35 % delle terre emerse non ricoperte da ghiaccio. Greenpeace ha individuato sette insetticidi il cui uso dovrebbe essere limitato (imidacloprid, thiamethoxam, clothianidin, fipronil, clorpirifos, cipermetrina e deltametrina) e in particolare chiede di vietare subito l'impiego di tre neonicotinoidi come proposto dalla Commissione europea il 15 marzo scorso (in Italia sono stati sospesi dal 2008 per il trattamento delle sementi, ma le stesse sostanze vengono diffuse in ambiente attraverso formulazioni differenti).