Dopo il parere favorevole della Commissione Agricoltura del Consiglio Regionale e quello di Veneto Agricoltura (Azienda Regionale per i settori Agricolo, Forestale e Agro-Alimentare), di nuovo, anche il Corpo Forestale dello Stato (come già qualche mese fa) ha dato il suo appoggio all'unico rimedio possibile, a detta del mondo scientifico, al grave squilibrio ambientale creato nella foresta veneta: l'abbattimento controllato di almeno 1.200 cervi (ma ora si parla addirittura di 2000 esemplari e saranno sempre di più se non si farà nulla).
Se fossimo in un paese normale, questo basterebbe a mettere sotto accusa il mondo animalista e a chiudere ogni polemica. Qualcuno penserebbe addirittura a chiedere le dimissioni del Governatore Zaia, che ha probabilmente anteposto le proprie opinioni personali a questioni di rilevanza scientifica, remando contro le posizioni dei suoi stessi uffici. Altri riconoscerebbero di essersi sbagliati e si troverebbero a convenire sul fatto che davvero il controllo faunistico (e la caccia) sono utili a ripristinare gli equilibri ambientali. Ma un paese normale il nostro evidentemente non lo è, e la tiritera sul Cansiglio e sui suoi cervi può tranquillamente continuare.
Così Repubblica non batte ciglio di fronte alla sua blogger Margherita d'Amico, che ancora parla di “mattanza avallata dalla Forestale” e condanna la decisione di “risolvere la questione a suon di pallottole”. La D'Amico porta le dichiarazioni della presidente dell'Enpa, Carla Rocchi, contraria ad ogni tipo di abbattimento, secondo cui “l'ordine naturale prevede che essi (i cervi, ndr) aumentino fino alla capacità portante”. E di Carlo Consiglio, zoologo e presidente onorario della Lac, che spiega: “a quel punto ne aumenta il tasso di mortalità e la natalità diminuisce, fino a un riequilibrio naturale. Può accadere - continua Consiglio - che si raggiunga una popolazione in esubero solo limitatamente e per periodi circoscritti. Si possono ravvisare i danni in qualche albero scortecciato, oppure nel fatto che i cervi mangino germogli: niente che impedisca il rinnovamento ambientale. Nell’intera storia della scienza, non si è mai sentito riportare che una foresta scomparisse a causa dei cervi”.
Considerazioni che farebbero inorridire qualsiasi biologo e chiunque conosca un minimo la materia. In realtà in biologia questi squilibri ecologici sono noti per trasformare radicalmente territori e rivoluzionare a lungo termine la biodiversità esistente in determinati luoghi. Altrimenti perchè darsi tanto da fare con tanto di strategie europee e mondiali? Basterebbe, come dicono gli animalisti lasciare che i cervi o qualsiasi altra specie si autodistrugga e si autoregoli. Il problema, tuttaltro che trascurabile, è che prima di distruggere se stessa (lo scenario di campi devastati e incidenti d'auto mortali nel frattempo sarebbe apocalittico), causerà la scomparsa di molte altre specie. Se è questo che vogliono i sedicenti ambientalisti, forse è meglio che si trovino un'altra definizione. |