Abbiamo parlato più volte del problema, diffuso particolarmente in Maremma, dell'ibridazione del lupo e delle conseguenze che questo comporta sull'ambiente e sulle attività umane. Abbiamo pubblicato gli appelli delle federazioni agricole, che quotidianamente cercano di sensibilizzare le istituzioni locali e nazionali sulle difficoltà, tragicamente reali, degli allevatori. Abbiamo parlato anche degli episodi illegali che hanno portato alcuni di loro al gesto estremo di esporre degli esemplari uccisi, per attirare l'attenzione della stampa, probabilmente, su un conflitto non più ignorabile.
Questa volta vi portiamo la testimonianza diretta di un allevatore, Franco Mattei, proprietario di un piccolo allevamento di 200 pecore, dove si produce il latte che, unito a quelli di altri allevatori, finisce in una cooperativa per la produzione del famoso, quanto apprezzato, pecorino Toscano Dop. “Viviamo nella continua preoccupazione degli attacchi dei predatori” ci dice. “Questi non sono lupi, sono grossi ibridi di 40 – 50 kg, muscolosi come il lupo ma diversi nella colorazione del pelo e in alcune caratteristiche anatomiche, oltre che nel comportamento”. Già perchè questi, a differenza dei lupi veri, attaccano anche di giorno, in piccoli branchi, in coppia o addirittura da soli, e quando agiscono fanno vere e proprie stragi. Intervistiamo Franco Mattei in occasione di un incontro con il vice prefetto di Grosseto Manzi, ottenuto insieme a altre cinque famiglie di allevatori. “La Prefettura e le altre Istituzioni sono al corrente della grave situazione – racconta -. Certo non abbiamo ottenuto nulla, ma siamo convinti che sia importante farci sentire e aggiornare le istituzioni sulle nostre difficoltà”. Franco ci dice di aver perso solo qualche capo finora, ma anche che in 30 anni di attività non era mai successo prima. Ci parla poi di altri allevatori che hanno subito grosse perdite. Un amico ha visto morire quasi tutti i capi in un solo attacco, 70 pecore uccise sul posto, a cui si sono aggiunte le molte altre ferite e terrorizzate, ovvero non produttive. Non tutti lo sanno ma le pecore che sopravvivono ad un attacco subiscono un trauma che si ripercuote sulla produzione: non producono latte, non vanno in calore, hanno aborti spontanei e si rifiutano di tornare al pascolo. Il che si traduce, di fatto, in un crollo repentino della produzione di latte, fenomeno assolutamente nuovo per questa zona della Toscana vocata alla pastorizia da centinaia di anni.
Le conseguenze. La produzione casearia maremmana è scesa vertiginosamente e 11 caseifici del grossetano sono in forte difficoltà, con migliaia di posti di lavoro in bilico, se si contano quelli dell'indotto. Qui fino a pochi anni fa si contava il 70% del patrimonio zootecnico regionale, in poco tempo siamo già scesi al 50%. Le pecore sono dimezzate e stanno cambiando i metodi di allevamento in maniera forzata a discapito della qualità dei prodotti. Chi subisce queste perdite infatti non può contare sui risarcimenti, ormai impossibili da ottenere. La possibilità di subire un danno è talmente elevata che perfino l'assicurazione privata (Codipra) che gli agricoltori stipulavano con il sostegno della Regione, si è defilata. Semplicemente non conviene perchè il danno non è più un'eventualità ma una certezza.
Cosa fare? Al momento le uniche azioni messe in campo sono Ibriwolf, progetto Life della Provincia di Grosseto che sta cercando di censire e catturare gli ibridi (finora con pochissimi risultati) e sterilizzare i cani vaganti. L'altro progetto, Medwolf, è più grande e più costoso e consiste in una campagna di informazione e di mediazione tra le varie parti coinvolte. Si cerca di far accettare la realtà agli agricoltori e sensibilizzarli a modificare ulteriormente la loro attività, per esempio tenendo costantemente le pecore in recinti chiusi e super attrezzati o mettendo cani antilupo a protezione delle greggi (con il rischio elevatissimo che attacchino altri cani, passanti, cacciatori ed escursionisti). Cose queste, su cui per altro puntano anche gli ambientalisti, che sono il vero freno alle legittime richieste degli operatori zootecnici. Il tutto determina un vero caos, con le istituzioni che cercano di mantenere posizioni di retroguardia (anche perchè sia il lupo che il cane - ibrido o non - sono specie super protette e attualmente la parola contenimento è ancora off limits) e gli allevatori che continuano a chiudere le loro attività.
Senza contare i problemi legati alla protezione del lupo (quello vero). Sul sito dello stesso progetto Ibriwolf si legge “la conservazione integrale, senza una normativa che permetta di intervenire con la rimozione di qualche esemplare nelle aree dove l’alta densità di lupi crea eccessivi danni alla zootecnia, è un esempio di gestione miope e scarsamente efficiente. La conseguenza è che molti lupi vengono abbattuti illegalmente in Italia con tempi e modi decisi non da un razionale piano basato su dati scientifici ma dal livello di tolleranza locale. Questa gestione del tipo “benign neglect” (protezione sulla carta ma nessun intervento attivo) continua ad essere fonte di preoccupazione per la conservazione del lupo in Italia, soggetta a momenti positivi di espansione numerica e di areale (come nelle Alpi) e momenti negativi come, ad esempio, gli oltre 40 lupi uccisi negli ultimi 5 anni solo nell’area del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise”. Il che rende ridicolo il nostro paese agli occhi del mondo intero, visto che altrove i contenimenti, nonostante la direttiva UE e le convenzioni internazionali, si fanno e si pretendono. Questo immobilismo è l'unica risposta data finora a chi con sacrifici e serietà, ha deciso di rimanere sul territorio e di portare avanti tradizioni importantissime in termini di cura del paesaggio e della produzione enogastronomica italiana? Ci auguriamo di essere presto smentiti.
(Foto Franco Mattei) |