Gli inquinanti che finiscono nei fiumi sono una minaccia per i pesci e gli anfibi ma anche per gli
uccelli selvatici che di essi si nutrono. Due nuovi studi, pubblicati su riviste specializzate in tossicologia, ne danno un'ulteriore dimostrazione. La prima analisi prende in esame gli uccelli che nidificano lungo i fiumi urbani. I ricercatori dell'università di Cardiff hanno studiato il merlo acquaiolo, una specie che si nutre di insetti e pesci in torrenti di montagna. Dallo studio è emerso che i pulcini presentano un ormone tiroideo fino al 43% inferiore rispetto ai piccoli nati in aree rurali. I pulcini, inoltre, risultano sottopeso, e il numero delle femmine nate è considerevolmente più basso rispetto alla media, con implicazioni negative per la riproduzione e la sopravvivenza della specie.
L'indagine, pubblicata su Environmental Toxicology and Chemistry, fissa la causa di queste problematiche nell'assunzione di contaminanti urbani come i policlorobifenili, usati in edilizia e come additivi fino al loro divieto negli anni '80, e gli eteri di difenile polibromurato, uniti alle plastiche renderle ignifughe e limitati nel loro impiego da una direttiva comunitaria del 2002.
''Era già noto che alcune sostanze chimiche disperse nei fiumi influenzassero il sesso dei pesci e il loro sviluppo. Ora abbiamo i primi dati che dimostrano l'influenza dei contaminanti anche sugli uccelli selvatici'', spiegano i ricercatori.
L'altro studio è dell'università del Wisconsin, ed è stato pubblicato su Aquatic Toxicology. Riguarda l'impatto degli psicofarmaci una volta dispersi nell'ambiente acquatico. I pesci esposti alla fluoxetina, principio attivo di alcuni antidepressivi, mostrano infatti comportamenti riproduttivi anomali e una forte aggressività nei confronti delle femmine. Al massimo livello di esposizione al farmaco, solo il 33% delle femmine è sopravvissuto agli attacchi amorosi dei maschi.
(ANSA)