Va bene indignarsi per ciò che è successo pochi giorni fa nel Parco dell'Adamello, in provincia di Brescia, dove alcuni escursionisti, pensando di salvare un cerbiatto trovato in un prato, lo hanno di fatto condannato a morte. Ma il problema non è tanto che sia successo, ma che queste cose accadano di frequente, con tanto di articoli di giornale che esaltano ogni volta l'eroico gesto. Segno evidente che nell'ignoranza più assoluta rientrano anche coloro che le informazioni dovrebbero darle ai cittadini.
Eppure non è tanto difficile da far capire a chi frequenta in modo sporadico parchi e boschi: la natura ha le sue regole ogni volta che si interviene, senza conoscerle, si fa danno. I piccoli di questi ungulati sembrano solo apparentemente abbandonati nell'erba. Le madri li lasciano tranquille perché non hanno alcun odore e così non rischiano di cadere vittime dei predatori. Per questo è bene lasciarli dove sono, senza nemmeno toccarli, per permettere alle madri di ritrovarli e di riconoscerli.
Non basta invitare i cittadini ad amare genericamente gli animali, bisogna educarli e far capire loro come si svolge realmente la vita nei boschi. Il quotidiano La Stampa questa volta l'ha fatto, facendo parlare gli esperti del Parco dell'Adamello. Il disccorso vale per i cerbiatti ma anche per tutti gli altri piccoli trovati in natura: non tocchiamoli, i genitori sono nei pressi, non è necessario salvarli. Insomma trattare animali selvatici come cagnolini, è sbagliato e distruttivo, ne abbiamo un'altra prova. Avremo imparato la lezione?
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