Era dato per spacciato solo un secolo fa, quando se ne contavano poche decine di esemplari, oggi supera i 2000. La considerevole crescita del camoscio appenninico degli ultimi anni è oggetto di un congresso internazionale al Parco della Maiella. Per fare il punto sul suo stato di conservazione studiosi di tutto il mondo si sono incontrati in questi giorni a Lama dei Peligni, a celebrare la chiusura del progetto Life dell'Unione Europea 'Coornata', promosso dal Parco con Legambiente e i parchi dell' dell'Appennino: Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise, Parco Nazionale dei Monti Sibillini, Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, Parco Regionale Sirente Velino.
"Il camoscio più bello del mondo, come viene unanimemente definito dagli zoologi quello appenninico - spiega Franco Iezzi, Presidente del Parco della Majella - può essere considerato a pieno titolo un ambasciatore dei Parchi Italiani. Non solo rappresenta un caso di successo internazionale per le politiche di conservazione di una specie a rischio, ma la sua tutela è legata strettamente a quella del territorio in cui vive e alle politiche di istituzione delle aree protette. Insomma, se non ci fossero stati i Parchi dell'Appennino con tutta probabilità il camoscio non sarebbe sopravvissuto".
"Il 'Life Coornata' - commenta Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente - è stato particolarmente importante perché per la prima volta le attività di conservazione sono state sviluppate congiuntamente e condotte in forma coordinata da tutti i parchi dell'Appennino centrale interessati dalla presenza, anche potenziale, del camoscio appenninico".
Per il ripopolamento di questa specie sono state sperimentate alcune tecniche di cattura e rilascio totalmente innovative e mai usate prima: le box trap e le up-net. Si tratta di dispositivi per catture collettive degli esemplari, che hanno il vantaggio, rispetto alla teleanestesia di singoli individui, di trasferire un certo numero di animali simultaneamente.
(Ansa)