I
popoli indigeni, quei pochi rimasti sulla terra, visti gli errori della cieca globalizzazione che ha caratterizzato i secoli scorsi, in linea di massima dovrebbero essere tutelati, in virtù di uno stile di vita che molto ha da insegnare al nostro, in termini di sostenibilità ambientale e di rispetto della natura.
Abbiamo già visto che fine indecorosa è toccata a diverse etnie artiche, private della loro tradizionale caccia alle foche o alle balene, con la beffa finale del mondo cosiddetto civilizzato che continua a cacciarle con la scusa degli studi scientifici. In questi giorni una bufera mediatica si sta abbattendo su Wwf, accusata addirittura di far picchiare i pigmei Baka del Camerun sud-orientale, colpevoli di ammazzare qualche bestia per nutrirsene.
L'associazione avrebbe organizzato e finanziato squadre armate antibracconaggio per terrorizzare i locali. Questa la denuncia di Survival International, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni. “Anziché occuparsi dei potenti che reggono le fila del bracconaggio organizzato – denuncia l'associazione Survival International - , i guardaparco e i soldati perseguitano i Baka, che cacciano solamente per sfamare le loro famiglie”. I pigmei avrebbero subito arresti, pestaggi e torture. Pare anche che alcuni di loro raccontino di amici e parenti morti a causa delle percosse.
La denuncia dell'associazione si spinge oltre: "il Ministro delle Foreste e della Fauna del Camerun, che recluta i funzionari forestali - scrive in una nota - , è finanziato dal WWF. Il WWF, inoltre, fornisce alle guardie assistenza tecnica, logistica e materiale. Senza questo sostegno, le squadre anti-bracconaggio non potrebbero operare".
"A causa della perdita della loro terra e delle sue risorse - conclude Survival Int. -, molti Baka denunciano un grave peggioramento del loro stato di salute e un aumento di malattie come la malaria e l’HIV/AIDS. Inoltre, hanno paura ad andare nella foresta, che per innumerevoli generazioni ha fornito loro tutto ciò di cui avevano bisogno".
Di seguito il video con le testimonianze pubblicato dall'associazione Survival International