In Europa siamo sicuramente tra i Paesi maggiormente a rischio sul fronte del dissesto idrogeologico. Ma siamo anche tra i pochi (12 su 33 paesi europei) che ancora non hanno adottato una strategia di adattamento sui cambiamenti climatici. 21 Paesi europei l'hanno già fatto, 17 dei quali hanno anche un piano nazionale. Finalmente, stando alle parole del Ministro dell'Ambiente Gianluca Galletti, entro fine mese anche l'Italia avrà la propria strategia. Ci sono volute decine di alluvioni ogni anno per spronare le istituzioni a reagire. Tra le ragioni principali di questo adattamento, spiega all'Ansa Sergio Castellari del Centro Euro-Mediterraneo per i cambiamenti climatici (Cmcc) "un ruolo rilevante spetta alle direttive dell'Unione europea", seguite dai "costi derivanti dai danni prodotti dal mancato adattamento".
Ieri intanto è uscito l'ultimo rapporto dell'Agenzia europea per l'ambiente (Eea), 'National adaptation policy processes in European countries 2014', dove si raccolgono e analizzano le risposte provenienti da 33 Paesi europei sull'adattamento ai cambiamenti climatici. N
ella ricerca si fanno presenti gli ostacoli incontrati dai diversi Stati per tradurre l'adattamento in azioni concrete" come "la scarsità di risorse (tempo, denaro, tecnologie), incertezze sull'ampiezza dei futuri cambiamenti" e la definizione delle "responsabilità".
In ogni caso "la metà dei Paesi ha fatto registrare un'alta volontà di sviluppare delle politiche di adattamento a livello nazionale"; aspetto "cresciuto negli ultimi 5 anni nei due terzi dei Paesi". La stesura della strategia nazionale di adattamento dell'Italia, coordinata dal ministero dell'Ambiente, ha visto coinvolti anche altri ministeri e il Cmcc. La strategia, spiega Castellari che partecipa alla sua scrittura, "è un punto di riferimento per supportare meglio le azioni di adattamento da parte delle municipalità". In Italia, precisa l'esperto, ci sono "città virtuose come Bologna e Ancona" che entro il 2015 avranno "un piano di adattamento al cambiamento climatico". In cui Bologna, conclude Castellari, indica come aree di vulnerabilità le risorse idriche, precipitazioni e ondate di calore.