Chi inquina non paga grazie alla politica Galletti. Lo dice un nuovo dossier dei Verdi - dati alla mano - che denuncia come, anche grazie agli ultimi decreti approvati dal governo, l'Ilva di Taranto e altre aziende sotto accusa, continuano a produrre, a bruciare e a sversare veleni nell'ambiente, usufruendo di agevolazioni di ogni tipo. Galletti non avrebbe fatto altro, secondo i Verdi, che garantire continuità ad una situazione che è rimasta stabile nel tempo. Tra il 2004 e il 2013 i Verdi calcolano che le aziende italiane non hanno pagato danni per 220 miliardi di euro. Alla prescrizione penale, che ha di fatto lasciati impuniti 80 mila reati ambientali, come hanno illustrato gli ultimi processi per l'amianto dell'Eternit o per la discarica di Bussi nel Pescarese - è seguita quella economica.
Grosse industrie come Ilva di Taranto, Caffaro di Brescia, Eternit di Casale Monferrato, il petrolchimico di Agusta in Sicilia, l'ex Stoppani di Cogoleto sulla costa ovest genovese hanno inquinato e mai versato un euro per risarcire i danni al territorio e ai suoi abitanti. Il danno ambientale comprende le migliaia di persone che si sono ammalate (e sono morte) a causa dell'inquinamento, ma anche i costi ambientali e quelli delle bonifiche. Ci sono 7.300 chilometri quadrati da bonificare nel paese, che sono pur sempre il 2,4 per cento della sua superficie. Trecento comuni interessati per sette milioni di persone coinvolte. I siti inquinati di interesse regionale sono oltre 33 mila, trentanove quelli di interesse nazionale.
Le responsabilità del Ministro Galletti ovviamente si riferiscono solo agli ultimi atti di questo sistema. Il Decreto Ilva per esempio ha assicurato l'immunità penale per il commissario straordinario e per i suoi incaricati nell’attuazione del piano ambientale predisposto a marzo e la possibilità di realizzare solo l’80 per cento delle prescrizioni in scadenza al 31 luglio 2015.
Altri elementi, che mirano più alla tutela degli inquinatori, che dell'ambiente - dicono i Verdi - sono contenute nel decreto 91, lo stesso per intenderci che avrebbe dovuto sanare la situazione sui richiami vivi. Nel decreto, denominato Ambiente Protetto, sono rientrati anche l'alzamento dei limiti consentiti sulle emissioni di sostanze tossiche in proporzione alla capacità produttiva. L’autorizzazione riguarda rifiuti di tipo industriale che vanno dall’alluminio, all’arsenico, al cromo, al ferro, al mercurio, al piombo, al nichel fino ai solventi organici. La deroga e l’entità dello sforamento verranno poi definiti ogni volta in sede ambientale. Il decreto ha alzato anche i parametri massimi di contaminazione del suolo da sostanze tossiche e altamente cancerogene per le aree militari. Introduce infine anche il principio del “silenzio assenso” sul nulla osta dell'Arpa per i piani di bonifica avviati entro il 31 dicembre 2017. Le autorità ambientali regionali hanno 45 giorni tempo per verificare i risultati delle procedure di risanamento e certificare l’ avvenuta bonifica. Se non rispondono entro quella data il piano è automaticamente approvato.
Alla luce di questi fatti, non si può biasimare chi mette in dubbio la coscienza ambientalista del Ministro, così determinato su cose del tutto marginali, come i 10 giorni di caccia a gennaio per i tordi, quanto disattento sui grandi problemi per l'ambiente e per la salute pubblica.