5 anni di udienze, 18 magistrati coinvolti per una causa che riguarda la morte di un piccione. Il volatile fu ucciso nel 2010 da una fucilata ad aria compressa dalla finestra di una villetta nella zona est di Milano. A sparare un avvocato di 50 anni, denunciato poi dai vicini ai Carabinieri. Al processo lo sparatore, reo confesso viene condannato al pagamento di una multa di 8 mila euro per “uccisione di animali con crudeltà e getto pericoloso di cose”, ovvero il proiettile. Per evitare la condanna definitiva, l'imputato va avanti fino all'ultimo grado di giudizio, sostenendo la tesi dell'insufficienza delle prove e tentando di invalidare la propria confessione. Ma anche in appello la condanna viene confermata. Dopo più di un anno il caso arriva in Cassazione, anche qui il giudizio non cambia, ma i giudici rimandano indietro la questione del getto pericoloso perché non era stata sufficientemente motivata dall’Appello.
Il caso torna quindi in appello. Si arriva a quota 18 magistrati con i quali – fa notare il Corriere di Milano - hanno lavorato qualche decina di cancellieri e impiegati, per l’ennesima volta analizzano la sorte dell’animale finendo perfino a disquisire se il getto potesse riguardare la caduta “del corpo stesso del piccione ferito e agonizzante precipitato tra le persone” e non il pallino che lo ha trapassato ad un’ala. Sentenza confermata di nuovo anche per il secondo reato. Ci vorrebbero 30 giorni per le motivazioni, ma il presidente Francesca Marcelli le deposita il 10 febbraio.
Ancora non è detta l'ultima parola. Il caso potrebbe arrivare alla prescrizione, che scatterà a giugno 2015. C’è ancora la possibilità di un ricorso in Cassazione: altri sei magistrati. Resta la condanna definitiva per il primo reato. "Ammesso che ci sia un magistrato dell’esecuzione che tra i fascicoli che gli sommergono l’ufficio abbia anche lui tempo da dedicare al povero piccione e al suo uccisore" osserva Giuseppe Guastella sul Corriere. Sicuramente un caso emblematico della lentezza della giustizia italiana. Ogni tanto sfiorando il ridicolo.