Ha scatenato rumore e, giustamente, anche ironie la dichiarazione rilasciata al
Giornale di Sicilia del presidente di
Coldiretti Alessandro Chiarelli, secondo cui “i conigli nelle isole minori stanno rappresentando una vera piaga per gli agricoltori e le colture pregiate dell'isola. Conigli voraci che in molti casi si sono accoppiati con i gatti e sono diventati ancora più aggressivi e riescono a scavalcare anche le reti alte due metri”.
Il vero problema però è che i gatti e i conigli sono considerate devastanti per l'ambiente, soprattutto in ambienti particolarmente vulnerabili come gli ecosistemi poveri degli isolotti.
Le 200 specie di uccelli di passo e le 18 nidificanti su Ustica (Zona di Protezione Speciale, ai sensi della Direttiva Uccelli e della Direttiva Habitat) non si gioveranno della presenza di gatti, e le rare specie vegetali, come ad esempio Limonium bocconei, certo non gioiscono dall'avere intorno conigli in eccesso in un ambiente povero di risorse trofiche.
Per poter controllare il numero di conigli ci potrebbe essere una soluzione (ma scontenterebbe sia animalisti che cacciatori), ovvero una serie di agenti per il controllo biologico principalmente il virus per la mixomatosi e quello per l'epatite virale emorragica dei conigli, entrambi applicati con successo altrove. L'introduzione di questi patogeni porta a un iniziale crollo della popolazione, seguito da una ripresa man mano che si selezionano individui resistenti: si tratta quindi di agenti per il controllo e non per l'eradicazione.
Chiaramente questo prevede cautela sanitaria, per evitare il diffondersi del virus sulla terraferma, dove è comunque già presente in molte popolazioni, e sarebbe un ulteriore ostacolo al consentire l'ingresso ai cacciatori non residenti (nationalgeographic.it).