Se l'uomo interviene negli ambienti naturali
destabilizzando degli equilibri, e lo fa anche solo con la sua presenza, poi a quegli stessi equilibri deturpati dovrebbe porre rimedio. Ne è un esempio lampante quanto successo
sull'Isola di Gough, nell'Atlantico del Sud, interamente sottoposta al
divieto assoluto di caccia, dove una specie di
albatro (Albatro Tristan Diomeda Dabbena)
rischia l'estinzione a causa del proliferare di
grossi topi, che non sono altro che i
discendenti di quei topi importati al tempo delle prime esplorazioni, nascosti tra il carico delle navi. L'ecosistema dell'isola è gravemente compromesso da questo squilibrio:
il 60 per cento dei pulcini non sopravvive e la riproduzione degli albatros non è certo paragonabile a quella dei topi che si sono adattati a nutrirsi di questi uccelli, ingrandendosi.
La caccia, anche in questo caso
fungerebbe da regolatore ambientale, proprio come farebbe un qualsiasi predatore naturale. E' un
dovere morale e civile a cui nessun cacciatore si tirerebbe indietro, a differenza di un certo tipo di ambientalismo, che ricurvo su se stesso, osserva impotente la natura dall'esterno.