Sono una decina, per il momento, gli stambecchi trovati morti all'interno del Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi. La colpa è della rogna sarcoptica, malattia causata da un acaro che si trasmette di capo in capo, e che porta ad una morte lenta e atroce l'animale.
All'interno del Parco, dice su Repubblica.it Enrico Vettorazzo, un funzionario dell'area protetta, la rogna è comparsa una decina di anni fa. All'inizio circoscritta nella zona intorno al monte Schiara, si è diffusa gradualmente in tutto il Parco. Si propaga abbastanza velocemente (circa 7 km all’anno) e il suo impatto sulle popolazioni di animali selvatici soprattutto camosci appunto e stambecchi, è all’inizio devastante. Poi - dicono dal Parco - a lungo andare gli animali sviluppano una certa resistenza a questo acaro e quindi sopravvivono”.
La strategia dunque, come spiega Enrico Vettorazzo, funzionario tecnico dell'area protetta, è quella di non intervenire. “Visto che è una malattia endemica abbiamo avviato negli anni una collaborazione con l’università di Ferrara per capire quale sia il gene che determina la resistenza a questo acaro nei camosci che sopravvivono. Negli ultimi 10 anni abbiamo inviato 113 campioni di tessuto muscolare di esemplari di ungulati all’università. Lo scopo è quello di capire quali animali hanno un carattere genetico resistente e quali no”.
I funzionari sono costretti anche ad ammettere che ad oggi "non è arrivato alcun risultato dall’Emilia, ma i prelievi (di campioni) continuano, sia dove ci sono casi di rogna, sia dove non ci sono e sia dove l’acaro è già passato, lasciando una popolazione immunizzata". La gestione venatoria, a questo punto è d'obbligo farlo presente, con la caccia di selezione, evita anzitutto le inutili sofferenze di questi animali ma soprattutto permette di fermare all'origine il propagarsi di una simile inutile infezione e di tutte le conseguenze che possono insorgere.