"Alcuni elementi oggettivi (rinvenimento di carcasse, predazioni su domestici e selvatici, eventi di riproduzione, avvistamenti, monitoraggio telemetrico di esemplari in dispersione) portano a considerare come stabilmente occupato tutto il territorio regionale a sud della via Emilia".
Lo ha detto in risposta ad un'interrogazione consiliare l’assessore regionale Simona Caselli (Agricoltura, caccia e pesca). La Caselli ha anche dichiarato che nessuno al momento sa quanti siano davvero i lupi, perché il monitoraggio fatto con Ispra si è interrotto "quando si è avuta conferma della completa ricolonizzazione dell’intera area appenninica".
Secondo la Caselli i dati sono frammentari ma mostrano chiaramente "un’espansione naturale della specie verso nord su tutto il territorio regionale, con esemplari riproduttivi stabilmente presenti a ridosso di alcune delle principali città emiliane".
"Fino a quando il lupo si mantiene a densità molto basse - spiega la Caselli - i rapporti con il cane sono caratterizzati quasi esclusivamente dal fenomeno dell’ibridazione. Purtroppo in aree ad alta densità della sottospecie lupus si assiste all’incremento di un comportamento diametralmente opposto, rappresentato dalla predazione nei confronti degli esemplari domestici".
Continua poi la Caselli: "Dati preliminari, ottenuti grazie all’applicazione di collari Gps-Gsm ad alcuni esemplari, confermano che il lupo è indotto, anche a causa di errati comportamenti umani quali smaltimenti non conformi di carcasse di animali e di altri residui zootecnici come le placente, a cercare cibo in prossimità di zone abitate, sviluppando comportamenti in grado di aumentare, in modo particolarmente significativo, le interazioni con i cani domestici».
"L’incidenza del problema è quindi destinata ad aumentare" conclude la Caselli, specificando però che la Regione sta studiando contromisure da condividere con il ministero dell’Ambiente "per ristabilire e rinsaldare il necessario confine tra la specie lupo e l’uomo".