Nel 2017 sono stati accertati in Italia quasi 31mila illeciti ambientali, 84 al giorno e il 20 per cento in più rispetto all’anno prima. Questo il desolante quadro che esce dall'ultimo rapporto Ecomafia di Legambiente, presentato alla Camera. Una vera delusione per chi aveva sperato nella nuova legge, varata nel 2015, per cambiare la rotta.
Sale a oltre 14 miliardi il fatturato dei reati ambientali, il 9 per cento in più rispetto all’anno precedente: una netta inversione di tendenza in confronto al 2016, quando la cifra era crollata del 32 per cento. Nel 2017 si è raggiunto il numero più alto di persone arrestate per crimini contro l’ambiente, con 538 provvedimenti solo per quanto riguarda la custodia cautelare (+ 140% rispetto al 2016). In aumento anche le persone denunciate (39.211, +36%) e i sequestri effettuati (11.027, +52%). Nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso si concentra il 44 per cento del totale nazionale delle violazioni, con la Campania al primo posto (da sola vale il 15% dei crimini), seguita da Sicilia, Puglia, Calabria e Lazio. I clan attivi in business illeciti che violano l’ambiente sono 331, a cui si aggiunge una folta schiera di pesci più o meno piccoli non legati direttamente all’orbita mafiosa.
Il settore più a rischio rimane quello dei rifiuti, dove appunto si concentra quasi un quarto dei crimini ambientali, seguito da animali e fauna selvatica (23%), incendi boschivi (21%), ciclo illegale del cemento e abusivismo edilizio (13%).
Il rapporto parla anche di bracconaggio. Nel 2017 sono state 7mila le infrazioni accertate, il 18% in più rispetto al 2016. Crescono i reati nell’agroalimentare, con 37mila reati e sequestri per oltre un miliardo di euro. I numeri parlano di 22mila persone denunciate o diffidate e 196 arresti.