Il Washington Post in questi giorni ha pubblicato un interessante articolo che dimostra, a nostro parere, come tutti gli sforzi dei vegani per evitare di uccidere animali, siano in realtà vanificati. L'esempio lampante viene dallo spasmodico consumo da parte degli animalisti dell'avocado, frutto tropicale alla base di molte preparazioni vegan.
Sul quotidiano si fa presente che anche la coltivazione di questi frutti (così come di molte altre specie vegetali prodotte per il consumo umano) non è esentata dal causare la morte di altri esseri viventi. Già, perchè non essendoci abbastanza api nel periodo della fioritura delle piante, gli agricoltori utilizzano una pratica chiamata apicoltura migratoria, che consiste nel trasportare alveari nei campi per ottenere la giusta impollinazione, necessaria alla fruttificazione.
Le api però, non assimilando i nutrienti necessari in distese a singola coltura, muoiono di fame poco dopo aver svolto la loro funzione. La tecnica è diffusissima. La rivista Scientific America ha stimato che senza l'apicoltura migratoria, gli Stati Uniti dovrebbero rinunciare a un terzo delle proprie colture.
Come sappiamo i vegani duri e puri rifiutano anche il miele, considerando inconcepibile lo sfruttamento di questi insetti, anche se ovviamente l'apicoltore non li uccide ma estrae quanto prodotto in eccesso. E' evidente che qualcosa non quadra. Non basta rifiutare i prodotti di origine animale per salvare povere vite innocenti, e probabilmente la coerenza di cui si fregiano queste persone è una mera illusione.