Cosa succederebbe se tutti d’un tratto smettessimo di mangiare agnelli? Secondo un articolo-inchiesta de Il Gambero Rosso, che si è rivolto agli allevatori per sentire le loro ragioni, semplicemente scomparirebbe la specie. I maschi - viene spiegato - non sono produttivi e creano problemi nella gestione del gregge. “Se la nostra attività smette di essere sostenibile economicamente, va a finire che scompare la figura del pastore. E voi lo sapete che la pecora, essendo stata tra i primi animali ad essere addomesticati, non è più in grado di vivere in maniera autonoma?” dichiara l'allevatore abruzzese Nunzio Marcelli.
La scomparsa della specie, e quindi della pastorizia, oltre alle ovvie conseguenze per i nostri palati, produrrebbe effetti anche sull'ambiente: “La pratica della pastorizia ha creato un ambiente specifico, fatto di tante altre specie. Le deiezioni, per esempio, attraggono alcuni insetti, e le pecore stesse attraggono rapaci, orsi o lupi. Insomma se dovessero scomparire le pecore, sarebbe un disastro anche a livello ambientale”. La loro presenza, dunque, stabilizza l’ambiente naturale circostante.
Un'altra allevatrice della Lunigiana, Cinzia Angiolini invita gli animalisti a guardare in faccia alla realtà. “Vorrei invitare tutti coloro che in questi giorni stanno postando su Facebook immagini degli agnellini di venire, anche solo per un giorno, a darmi una mano”, dice. “Provate ad allevare trenta agnelli maschi, voglio vedere quanto riuscite a tenere in vita il gregge". Di norma il rapporto maschi-femmine, per mantenere un gregge pacifico, è all’incirca di 1 a 30. Poi c’è la questione genetica: “Non posso tenere un ariete che fa parte di quella famiglia perché altrimenti non ho il cambiamento del sangue e la conseguenza è l’indebolimento della specie”, spiega lei.
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