“L’aumento della temperatura porta il cervo a cercare pascoli più alti, spingendo il camoscio e lo stambecco sempre più in alto – spiega all'Avvenire Luca Corlatti, ricercatore dell’Università di Friburgo e responsabile del monitoraggio degli ungulati nell’area lombarda del Parco Nazionale dello Stelvio –. È una competizione per i pascoli, ma questa migrazione verso l’alto comporta una riduzione dell’habitat, perché in vetta diminuisce la superficie disponibile, e del cibo”. Le conseguenze sono drammatiche: dagli anni Novanta, è stato calcolato che nella sola area trentina del Parco i cervi sono aumentati del 50% e i camosci sono diminuiti del 60%.
“Il riscaldamento dell’atmosfera sull’arco alpino negli ultimi trent’anni presenta valori pari a tre volte la media mondiale dell’emisfero Nord – conferma Lorenzo Ciccarese, capo del dipartimento che studia i cambiamenti della flora per l’Ispra – e si prevede un ulteriore aumento di 2 °C in 40 anni, con effetti tre volte maggiori rispetto alla media mondiale”. Per le specie vegetali, “un aumento della temperatura di 2,2 °C può portare a una perdita del 25% delle aree della fascia alpina inferiore e di circa il 50% delle aree alpine comprese tra la fascia superiore e quella nivale”.