La Lipu ha aggioranto i dati relativi agli atlanti ornitologici delle città italiane. 41 le aree coinvolte, tra cui Torino, Genova, Milano, Venezia, Pisa, Roma, Napoli e Cagliari, Firenze è la prima città ad avere tre edizioni pubblicate, con una quarta in corso di realizzazione.
"A livello generale - si legge nell'analisi della Lipu - , al consolidamento di specie presenti da tempo nei centri storici come piccioni, rondoni, merli e storni si affiancano due tendenze: una positiva, che vede una netta espansione del colombaccio, l’altra negativa che riguarda i passeri (passera europea e passera d’Italia), le cui popolazioni, in media negli ultimi 10 anni, si sono dimezzate. Tra le specie in aumento troviamo falco pellegrino, gheppio, gabbiano reale, picchio verde, picchio rosso maggiore e codirosso comune. Tra le specie che invece soffrono di più i cambiamenti dell’habitat troviamo, nelle zone più periferiche ai confini tra città e campagne, l’allodola, il saltimpalo e il beccamoschino, mentre anche la rarefazione di verdone e cardellino ci svela un eccessivo consumo di suolo".
"Infine - continua la nota Lipu - , la distruzione della vegetazione ripariale nelle zone umide e lungo i corsi d’acqua fa sì che usignoli di fiume e cannaiole siano sempre più rari. In particolare, le specie che nidificano negli habitat incolti (terreni con erbe spontanee, cespuglieti, siepi), sono molto utili per monitorare le dinamiche di trasformazione urbana e di consumo del suolo. A tal fine ne sono state identificate sette: l’usignolo, il saltimpalo, l’usignolo di fiume, il beccamoschino, il canapino comune, l’averla piccola e il cardellino. E proprio nell’Atlante realizzato a Pisa l’anno scorso queste specie sono diminuite del 35% negli ultimi 20 anni e del 41% nell’area urbana di Livorno, a conferma di habitat sempre più compromessi dal consumo di suolo ad uso urbano".
L’importanza degli atlanti ornitologici, per la compilazione dei quali servono tempi di studio che vanno da 1 o 2 anni fino a 10 anni, è stata sottolineata anche da Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), che dal 2018 li ha inseriti in maniera sistematica tra gli indicatori del Rau (Rapporto qualità dell’ambiente urbano).