"Non si possono replicare le modalità attuate in Piemonte dove, a 3 mesi dall’ordinanza ministeriale, sono stati abbattuti solo 500 dei 50mila cinghiali stimati nell’area rossa". E' quanto osserva il neopresidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini.
"Resta, inoltre, fondamentale il reperimento di nuove risorse per indennizzare al 100% allevatori e agricoltori romani che si trovano nella zona sottoposta a restrizioni". Nell’areale si stimano 10 milioni di danni per circa 200 aziende agricole: dai costi della macellazione d’emergenza dei suini al divieto di movimentazione e commercializzazione delle carni e dei foraggi.
"D'altra parte - continua Fini - , il problema della fauna selvatica non si può risolvere solo con il miglioramento della gestione delle inefficienze nello smaltimento dei rifiuti nella Capitale. "Siamo ora di fronte a un’emergenza che richiede risposte straordinarie -ribadisce il presidente di Cia- come un de-popolamento selettivo dei cinghiali dell’area delimitata, senza il quale è a rischio tutta la filiera delle carni suine (1,6 miliardi il valore dell’export) e il prestigio del marchio Made in Italy nel mondo".
La presenza del virus in focolai distanti centinaia di chilometri dimostra come questo patogeno riesca, ormai, a spostarsi con facilità estrema su tutto il territorio. Già ora, senza un unico suino infetto e con la malattia circoscritta agli ungulati, Cina e Giappone hanno chiuso le frontiere ai prodotti della filiera suinicola italiana e molti altri Paesi potrebbero bloccare le transazioni commerciali finché la situazione epidemiologica non sia chiarita e le misure di contrasto alla diffusione del virus non siano attuate con efficacia.