Ispra ha analizzato le strategie del primo monitoraggio nazionale del lupo e in uno studio tira le somme sulle criticità emerse indicando come proseguire con le indagini sul carnivoro in futuro.
La raccolta di dati si è svolta tra il 2020 e il 2021 (in piena pandemia Covid), è stata effettuata secondo un disegno di campionamento definito da modelli statistici condivisi con gruppi di ricerca internazionali, ed ha impiegato circa 3000 persone, tra tecnici e volontari. A fronte di questo impegno di risorse ci si è chiesti se sia possibile ricalibrare lo sforzo e ridefinendo il disegno di campionamento per le aree Alpine e peninsulari.
"Nello studio si sottolinea il ruolo determinante che la rete di operatori ha avuto nel raggiungimento dei risultati finali del primo monitoraggio e l’importanza di non disperdere il lavoro svolto per crearla. Tale rete di operatori, che costituisce un presidio attivo sul territorio, potrà essere coinvolta nelle future indagini sul lupo ma anche in attività di raccolta dati utili alla conservazione della fauna selvatica e della biodiversità" spiega Ispra in una nota.
Spiace constatare che nella rete degli operatori coinvolti (vedasi link) non figuri alcuna associazione venatoria o ad essa connnessa ma per lo più associazioni ambientaliste e animaliste. Non se ne capisce il motivo dato che i cacciatori sono indiscutibilmente tra i presidi più ramificati e presenti sul territorio tutti i giorni dell'anno. Che siano stati deliberatamente esclusi dall'Ispra? Sarebbe davvero un peccato dato che una delle criticità emerse è proprio legata al reclutamento, formazione e coordinamento di un numero sufficiente di operatori per la raccolta dei dati. Potrebbe dunque essere una buona idea coinvolgere senza pregiudizi il vasto numero di volontari già attivi sul territorio.
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